A Pitagora si attribuisce l'affermazione della relazione tra la musica e l'animo umano, concetto ripreso e sviluppato da tutta la filosofia greca dei secoli seguenti e che assunse i caratteri della dottrina dell'ethos. Essa indicò le relazioni esistenti tra alcuni aspetti del linguaggio musicale e determinati stati d'animo. Le differenti potenzialità emotive della musica riguardavano principalmente le armonie, cioè le melodie, ma potevano anche riferirsi ai ritmi e agli strumenti. Ogni tipo di musica imita un certo carattere, questa imitazione avviene in vari modi: per esempio, il modo dorico veniva considerato capace di produrre un etos positivo e pacato, mentre il modo frigio era legato ad un etos soggettivo e passionale. Ogni modo doveva produrre un ben determinato effetto sull'animo, positivo o negativo che fosse; inoltre ogni modo non imiterebbe soltanto uno stato d'animo, ma anche i costumi del paese da cui trae origine ed anche il tipo di regime politico, democratico, oligarchico o tirannico. L'insieme delle dottrine, anche diverse, presenti nella scuola pitagorica trovano una loro sistemazione ed una certa coerenza nella filosofia di Platone.
"La dottrina dell'ETHOS, ossia le qualità morali e gli effetti della musica sembra avere radici nella concezione pitagorica della musica come microcosmo, un sistema di suoni e ritmi regolato dalle stesse leggi matematiche che operano nella totalità della creazione visibile ed invisibile.
In questa concezione la musica non è soltanto un'immagine inerete dell'ordine universale, ma anche una forza che può agire sull'universo, di qui deriva, infatti, l'attribuzione di miracoli ai leggendari musicisti della mitologia.
Un'epoca successiva, ispirata ad un accresciuto rigore scentifico, sottolinea gli effetti della musica sulla volontà e quindi sul carattere e la condotta degli esseri umani."
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