Beatrice è una angelica ragazza, laureata in giornalismo, che lavora come segretaria della direttrice di una rivista che punta tutto sul sensazionalismo: morti, feriti, sbudellamenti, gossip e roba del genere. Il fidanzato di Beatrice muore, insieme alla sua troupe televisiva, per mano di un mostro che, pare, abiti in Islanda, in una grotta vicino al mare, nei pressi di un villaggio sperduto, non servito neppure da una strada, popolato da pochissimi abitanti, quasi tutti fuori di testa. Beatrice convince il suo boss a mandare lei in Islanda per un servizio. Il suo aereo però, cade. Beatrice è l'unica sopravvissuta, con danni e fratture gravissime, ma è viva per miracolo. Ricoverata nell'ospedale di Reykjavík, con un (miracoloso) intervento lunghissimo, ha la possibilita di tornare anche a camminare, unito all'aiuto della dottoressa Anna. Dopo sei mesi di degenza, Beatrice esce dall'ospedale, salutata da un sacco di islandesi che ormai la vedono come una beniamina, oltre che una miracolata.
Beatrice rimane decisa ad andare fino in fondo, e sempre aiutata dalla dottoressa, arriverà fino al villaggio sperduto...
Come giustamente dice la tagline, "una favola dei nostri giorni", questo film del 2001 di Hal Hartley, cineasta che, come sapete dalle nostre recensioni, è pressoché sconosciuto in Italia, o comunque trova molte difficoltà nella distribuzione (anche questo film non mi risulta sia uscito da noi), non è certamente il suo migliore. Certo, il cast è di riguardo, anche se mancano i solito Martin Donovan e Parker Posey: c'è Helen Mirren (la boss del giornale), Julie Christie (la dottoressa Anna), Robert John Burke (truccato, nei panni del mostro), e la stupenda, dolcissima, amabile Sarah Polley nei panni di Beatrice, che, va detto, è una delle cose positive del film. Purtroppo, nel suo complesso, il lavoro non ha un grande spessore, ed è lontano dalle cose interessanti che di solito Hartley ci fa vedere. Divertente, con buone intenzioni e messaggi corretti (fin troppo leggibili), ma semplicistico. Punto a favore, oltre la Polley (e Annika Peterson, una collaboratrice della boss del giornale), il fatto che sia girato in buona parte in Islanda. Tecnicamente ottimo, ma scarso in appeal.
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