No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20130123

notte fonda

Zero Dark Thirty - di Kathryn Bigelow (2013)
Giudizio sintetico: da vedere (3/5)

Quello che è accaduto l'11 settembre 2001, dovremmo ormai saperlo tutti. Probabilmente uno dovrebbe essere stato in coma negli ultimi 12 anni, per non saperlo. A scanso di equivoci, il film si apre con lo schermo nero, e le voci delle vittime. Dopo di che, comincia la storia di come è stato rintracciato ed ucciso Usama Bin Laden, da parte dell'intelligence statunitense. Si comincia dalla ricerca di informazioni sul Gruppo Saudita che ha finanziato l'attentato alle Twin Towers. In un black site della CIA, Dan, un agente esperto, conduce un interrogatorio dell'era Bush (con torture) su tale Ammar, insieme a Maya, un'agente giovane, che si trova evidentemente a disagio assistendo ad un interrogatorio così brutale. Proprio Maya, acquisendo esperienza, mettendo a frutto la sua brillante intelligenza per ottenere e processare informazioni fondamentali, diventando decisamente più spietata vedendo molti colleghi morire seguendo la ricerca del capo di Al Qaeda, sarà la persona che porterà a scoprire il compound dove si nasconde quest'ultimo, e a volere, seguendo l'operazione fino in fondo, la missione partita la notte del primo di maggio del 2011, la notte nella quale UBL* (come è abbreviato nei titoli di coda) verrà ucciso da un gruppo di Navy SEAL statunitensi.

Colgo l'occasione, parlandovi di questo atteso nuovo film di una regista sempre più importante nel panorama mondiale (ricordiamocelo, premio Oscar nel 2010 per The Hurt Locker, regista di film indimenticabili quali Near Dark, Strange Days e Point Break, assieme ad altri molto meno memorabili quali Il mistero dell'acqua e K-19), per spiegare brevemente un apparente paradosso: dare 3 su 5 ad un film, ma aggiungere che è "da vedere". Zero Dark Thirty (ce l'ho fatta smanettando sulle varie recensioni a capire cosa significa: quasi l'equivalente di madrugada in spagnolo, le ore che vanno dalla mezzanotte alle quattro del mattino, fascia oraria nella quale fu condotta e portata a termine l'operazione che portò alla morte di UBL*) è un film che dura due ore e quaranta minuti, mescolando azione (gli ultimi quaranta minuti), intelligence o spy story (le prime due ore), con una forma quasi documentaristica, raccontando un fatto universalmente conosciuto (ovviamente non con questi particolari), che riesce non solo a non annoiare, ma addirittura a crescere progressivamente di tensione. Per questo, e non solo, ritengo sia un film che si debba vedere, e che risulterà senza dubbio alcuno godibile. Il punto, o il mezzo punto, in meno rispetto a quello che, secondo me, dovrebbe essere il punteggio ideale o minimo per segnalare una pellicola pressoché indispensabile, è dato dal fatto che da una parte continua a sfuggirmi il messaggio, o la ricerca, o il senso, di quello che sta facendo l'amata Kathryn. Come già dicevo parlando di The Hurt Locker, mi fa un po' paura questa deriva militaristica di una regista che ha dimostrato di essere superbamente visionaria. C'è da capirla, in quanto statunitense, e di sicuro c'è da apprezzare un lavoro inappuntabile di ricostruzione "onesta", sui metodi (leggi tortura, ma anche sull'operazione conclusiva) usati, ma sembra che la regista, che si avvale anche stavolta della sceneggiatura di Mark Boal, giornalista di guerra già sceneggiatore Oscar per The Hurt Locker ed ispiratore di Nella valle di Elah, si schieri robustamente, e senza tentennamenti, dalla parte di chi giustifica invasioni di paesi stranieri e violazioni del diritto internazionale.
E' interessante l'uso di una donna bella e intelligente, tenace e praticamente immacolata (anche qui, mi sento di spezzare una lancia a favore della Bigelow: il 95% dei registi, non solo statunitensi, l'avrebbe fatta scopare almeno una volta, nel corso di due ore e quaranta), come filo conduttore di un'operazione così complessa, delicata e risolutiva (forse), ma lascia molti dubbi la caratterizzazione di questo che, appunto, sarebbe dovuto essere il personaggio principale, che invece di essere approfondito psicologicamente, emette sentenze e si autodefinisce motherfucker (non so come, nella scena del briefing con i vertici CIA, verrà tradotto in italiano, suppongo figlia di puttana);  immaginatevi poi quando devono essere stati approfonditi i personaggi marginali, a dispetto di un cast di sicuro senza altre stelle, ma pieno zeppo di caratteristi favolosi: Jason Clarke (Dan), Kyle Chandler (Joseph Bradley), Jennifer Ehle (Jessica), Harold Perrineau (Jack), Mark Strong (con un imbarazzante parrucchino, nei panni di George), Edgar Ramírez (proprio quello di Carlos, qui nei panni di Larry), James Gandolfini (direttore della CIA, anche lui con un ennesimo parrucchino inguardabile), Stephen Dillane (responsabile della sicurezza nazionale), Joel Edgerton (Patrick, il comandante dello squadrone dei Navy SEAL, o meglio dei DEVGRU). Aggiungo alla lista Fares Fares, nei panni di Hakim, ai più sconosciuto (ma la sua faccia vi rimarrà impressa), un attore libano-svedese, fratello del regista Josef, con lui è stato protagonista negli spassosi Jalla! Jalla! e Kops.
Insomma, luci ed ombre, a mio giudizio. Ma un film superbo. Uscita italiana prima rimandata dai primi di gennaio ai primi di febbraio, al momento in cui scrivo anticipata ancora una volta a giovedì 24 gennaio. Staremo a vedere.
*UBL, Usama Bin Laden, può disorientare la traslitterazione "Usama" anziché quella alla quale ci hanno abituato (Osama), ma per chi non lo sapesse, i suoni vocalici in arabo sono 3, anziché 5, quindi quello della nostra O e della nostra U sono in realtà assimilabili.

Nessun commento: