Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Argentina. Ernesto torna nel luogo dove è nato e dove ha trascorso la sua infanzia, Santa Rosa de Conlara, un luogo ben diverso dalla capitale Buenos Aires. Inizia a ricordare fatti importanti, come quando attaccando il carro al cavallo, faceva a gara con il treno merci che ogni giorno passava di lì. Durante quegli anni, era innamorato di una bambina, Luciana, figlia di un contadino che lavorava alle dipendenze di Andrada, il proprietario terriero più potente della zona. Luciana non frequentava la scuola, ed Ernesto decise di insegnarle a leggere. Nel frattempo, i suoi genitori erano alle prese con le loro lotte. Mario e Ana erano due idealisti, che dopo l'autoesilio in Spagna per fuggire dal regime militare in Argentina, tornati in Patria si erano trasferiti in quel luogo remoto per vivere secondo i loro dettami etici. Mario era il presidente di una cooperativa di allevatori di pecore, nel commercio della lana; Ana era un medico dedito alla cura di tutti quelli che ne avevano bisogno (e lì ce n'era molto); l'aiutava la suora novizia Nelda. Entrambi erano lì per condividere, ma soprattutto, essendo culturalmente di livello più elevato del popolino, per aiutare queste persone a crescere in tutti i sensi. L'arrivo di Hans, un geologo spagnolo assunto da Andrada per sondare le possibilità di incontrare petrolio nel sottosuolo, spariglia le carte. Da una parte, si comincia a capire che lo Stato vuole impiantare una grande diga nella valle, quindi Andrada non è interessato al petrolio, ma a comprare le terre dei contadini a buon mercato per poi rivenderle allo Stato e guadagnarci. Hans, che a livello di convinzioni è sicuramente più vicino a Mario e Ana rispetto ad Andrada, fa quel che può, dando anche lezioni di geologia nella scuola locale, diventando un buon amico della coppia e di Nelda, ma rimane uno stipendiato di Andrada.
Dell'argentino Aristarain avevo visto solo l'ottimo Martin (hache) del 1997, e non ricordo neppure come sono arrivato a questo Un lugar en el mundo (probabilmente per via del cast). Magari un po' retorico e sentimentale, ma in definitiva un buon film, orientato politicamente a sinistra, che parla di temi comprensibili se si tiene conto della storia argentina degli ultimi ottant'anni. Un po' impacciato il cast di contorno, ottimi invece gli attori principali. Lo spagnolo José Sacristán è Hans, l'argentina Leonor Benedetto è Nelda, e la coppia dal nome "pesante" Federico Luppi/Cecilia Roth sono Mario e Ana. Luppi lo avrete visto in almeno uno dei film di Guillermo Del Toro (Il labirinto del Fauno, La spina del diavolo) oppure in Machuca, la Roth sicuramente in Tutto su mia madre (ma per Almodóvar era anche in Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio, Labirinto di passioni e L'indiscreto fascino del peccato), o in Kamchatka. Addirittura, l'ho saputo spulciando la sua bio, ha lavorato con i fratelli Taviani per lo sceneggiato RAI Luisa Sanfelice.
Curiosa la storia del film per quanto riguarda la nomination per l'Oscar come miglior film in lingua non inglese. Non riuscendo ad accaparrarsi quella per rappresentare l'Argentina, Aristarain si presentò per l'Uruguay, e ottenne l'ingresso nella cinquina finale. Fu poi ritirata, visto che era del tutto una produzione argentina (l'Oscar quell'anno andò ad Indocina).
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