Nono album per gli High on Fire, primo con Coady Willis (già con Big Business e Melvins) alla batteria (e diciamo subito che non solo si è adattato benissimo, ma rischia di diventare un tassello fondamentale per la progressione di questa già grande band), e quello che mi viene da pensare dopo alcuni ascolti e la lettura di qualche altra recensione, è che sono davvero un mistero musicale. Una band che suona musica che possiamo senza dubbio definire vecchia, senza risultare datati. La miscela sapiente, di stoner e sludge, che hanno saputo creare ed alimentare negli anni, è quanto di più vicino ad un heavy metal classico moderno mi venga in mente. E questo disco è solido, possente, a tratti travolgente. I riff e gli assoli di Pike sono sempre ispirati, dello stile e dell'integrazione di Willis abbiamo già detto, mentre Matz, che si è immerso, in questi ultimi anni, nella musica mediorientale, guida perfino il curioso interludio costituito da Karanlık Yol suonando il saz, accompagnato tra gli altri da Rich Douchette alla dilruba. Produce, registra e mixa il solito Kurt Ballou, ed il risultato, come già anticipato, è un disco che fa venire voglia di riascoltarlo, non appena termina, per scoprirne altre sfaccettature.
Ninth album for High on Fire, first with Coady Willis (formerly with Big Business and Melvins) on drums (and let's say straight away that not only has he adapted very well, but he risks becoming a fundamental piece for the progression of this already great band) , and what comes to me after a few listens and reading some other reviews, is that they really are a musical mystery. A band that plays music that we can undoubtedly define as old, without sounding dated. The skilful mixture of stoner and sludge that they have been able to create and nurture over the years is the closest thing to a modern classic heavy metal that I can think of. And this album is solid, powerful, at times overwhelming. Pike's riffs and solos are always inspired, we have already said about Willis' style and integration, while Matz, who has immersed himself in Middle Eastern music in recent years, even leads the curious interlude constituted by Karanlık Yol playing the bağlama, accompanied among others by Rich Douchette on the dilruba. Produces, records and mixes the usual Kurt Ballou, and the result, as already mentioned, is a record that makes you want to listen to it again, as soon as it ends, to discover other facets of it.
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