Orfani del batterista, i ragazzi di San Diego, California, giungono all'undicesimo album. Bistrattati da sempre dalla critica, forse perché un po' troppo orecchiabili, suonano, questo è vero e l'ho detto più volte, sempre lo stesso disco, ma pure perché hanno uno stile inconfondibile. Eppure, sarà per le ospitate (Randy Blythe dei Lamb of God, Tatiana dei Jinjer, Cove Reber dei Saosin), stavolta mi hanno fatto avere una mezza epifania, dove mi hanno fatto riflettere su quanto il metalcore debba al nu metal. Se secondo voi ho detto una cazzata, me lo farete sapere: fatto sta che anche questa volta, tolgo il disco con un po' di dispiacere dalla rotazione. Fate voi.
Orphans of the drummer, the boys from San Diego, California, reach their eleventh album. Always maligned by critics, perhaps because they are a little too catchy, they play, this is true and I have said it several times, always the same album, but also because they have an unmistakable style. Yet, it must be because of the guests (Randy Blythe of Lamb of God, Tatiana of Jinjer, Cove Reber of Saosin), this time they made me have a semi-epiphany, where they made me reflect on how much metalcore owes to nu metal. If you think I said something bullshit, you'll let me know: the fact is that this time too, I'm removing the disc from rotation with a bit of regret. You do what you want.
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