La "nostra" Anne Erin Clark arriva al settimo disco circondata dal consueto alone di mito e rispetto, ma, come forse vi ricordate dal mio commento sul precedente Daddy's Home, a me e ad altri cominciava a non convincere più. Stavolta, oltre alla fidatissima (e da "noi" conosciuta) Cate Le Bon, si affida a molte collaborazioni agli strumenti (c'è anche Dave Grohl), forse per far risultare il disco più rock, seppure le sue influenze rimangano svariatissime e sempre teoricamente interessanti. Il problema è che profuma tutto di già sentito, e mancano canzoni davvero ficcanti. Tutto ben fatto, tutto ben suonato, tutto estremamente sensuale, ma, personalmente, St. Vincent non emoziona più.
"Our" Anne Erin Clark arrives on her seventh album surrounded by the usual aura of myth and respect, but, as you perhaps remember from my comment on the previous Daddy's Home, she was no longer convincing me and some others. This time, in addition to the very trusted (and known to "us") Cate Le Bon, he relies on many collaborations on instruments (Dave Grohl is also there), perhaps to make the album more rock, although his influences remain very varied and always theoretically interesting. The problem is that everything smells already heard, and there's a lack of really interesting songs. Everything well done, everything well played, everything extremely sensual, but, personally, St. Vincent no longer excites.
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