Dunque. Costretto a cambiare pc senza aver terminato di scaricare le foto, mi sono posizionato ad un altro in un internet point e il telefono si e' spento senza ritorno. Ho dovuto lasciarlo "a casa" sotto carica. Quindi, scriviamo e basta, che qui sono le 18,24 e manca molto per cenare, e gli altri sono tutti impegnati a lavorare. Tra l'altro: sabato o domenica in Argentina ci doveva essere il cambio di orario verso quella che noi comunemente chiamiamo "l'ora legale". Bene, non c'è stata perchè alcune provincie non erano d'accordo, quindi non se ne è fatto di niente. Sapete, principalmente, perchè? Perchè gli argentini sono abituati a cenare quando il sole è giá tramontato, e dunque "truccare" l'ora li avrebbe costretti, in alcune provincie, a cenare col sole. Voi dite che hanno torto?
Detto questo: riprendendo da dove ci eravamo interrotti, il secondo giorno dopo l'arrivo a Foz de Iguaçù è cominciato con tanta speranza, e con alcune scelte sbagliate, da parte mia. Speravamo tutti che non piovesse, e invece, il tempo, dopo averci dato delle false speranze, ci ha distrutto. Quando, dopo l'ingresso al Parco, siamo arrivati al momento di salire sulle lance/gommoni per l'adrenalinica "escursione" fin sotto le cascate, è venuto giù il mondo. Ora, io pensavo di schizzarmi un po', ma mica di dover fare un bagno di questo genere, e quindi il risultato è stato che sono stato mezzo per il resto del giorno, che ha comportato altri percorsi sulle varie passarelle sempre sotto l'acqua e sempre vicino a cadute d'acqua con piu' che schizzi.
Certo però che quel che ho visto, a momenti, mi ha distratto dal giramento di scatole, anche se con un pizzico di bel tempo in piu', credo il tutto sarebbe stato piu' suggestivo. Certo, trovarsi a pochi metri dall'impeto di una valanga di metri cubi d'acqua melmosi, a portata quasi piena e marroni da tutto quello che incontrano a monte, che sbattono fortissimamente su un'altra quantità imprecisata d'acqua, non è male. Il resto del Parco e' molto bello, praticamente selva o jungla, che dir si voglia, con un sacco di uccelli mai visti e chissà quanti altri animali che se ne sono rimasti al riparo da sguardi indiscreti, e a volte, come purtroppo accade, sguaiati e poco meritevoli. L'unica consolazione è stata quella di pensare che non siamo solo noi italiani ad essere sguaiati quando andiamo a vedere qualcosa di bello. Capisco l'entusiasmo delle scolaresche che si mettono in costume sotto gli scrosci delle cascate, sulle passarelle piu' vicine alle cascate, ma a tutto c'è un limite. Ci sono cose talmente belle e talmente mozzafiato, che un po' di silenzio sarebbe benvenuto. Ma non voglio passare per intollerante o, peggio, un vecchio brontolone: queste cascate sono tra le cose che vanno viste almeno una volta nella vita. Spero con le foto di darvene almeno un'idea grande una piccola parte.
La sera ero distrutto, ma soprattutto, col mio unico paio di scarpe, non sapevo come muovermi, visto che il giorno dopo mi avevano (erroneamente) detto che non potevo andare con le infradito. Quel che ho fatto è stato lavare velocemente tutto quel che avevo bagnato e insozzato, e stenderlo alla meglio su una sedia della camera, e farmi prestare un phon, nell'ilaritá generale (potete immaginarvi), per passare la serata ad asciugare artificialmente le nike. Tra l'altro, il phon in questione aveva un ottimo termico che lo spegneva automaticamente quando arrivava ad una temperatura troppo alta. Per cui, mentre il resto della compagnia se ne andava al Casino argentino a vedere lo spettacolo di ballerine brasiliane, io ero nella camera d'albergo con il ventilatore a pale acceso, tentando di non prendere fresco, e con il phon attaccato alla presa da 220 del condizionatore (le altre sono da 110, e quindi il phon andava la metà, anche se scattava piu' tardi), che asciugavo a "riprese" le scarpe. Alla fine, ce l'ho quasi fatta, e sono crollato dal sonno quando i miei compagni di stanza sono rientrati.
L'indomani ho lasciato i pantaloni e il resto ad asciugare, ho messo il cambio, ho messo le nike ma mi son portato dietro le infradito, e alla fine ho portato quasi sempre queste ultime. La parte argentina, con la cosiddetta Garganta del Diablo chiusa per troppa vicinanza all'acqua (dovuta a sua volta alla portata alta, date le piogge degli ultimi giorni), mi è parsa leggermente piu' organizzata (anche se giocoforza meno selvaggia) di quella brasiliana, ma forse anche piu' suggestiva. La visione d'insieme è davvero incredibile, e la bella giornata ha dato quel tocco in piu'. Divertente anche l'intermezzo piccante. C'era in giro una troupe di fotografi per un servizio di moda con le Cataratas sullo sfondo: una ventina di modelle giovanissime in bikini, alcune davvero belle, e un paio di modelli a torso nudo. Quando mi hanno interpellato al proposito ho risposto che mi avevano fatto quasi tenerezza, visto che ne avevo notato una che si guardava le gambe devastate dalle punture di mosquitos. Al contrario del giorno precedente, quando vista la pioggia non ho potuto estrarre il telefonino per fare foto, questo giorno mi sono scatenato, e come detto prima, anche se non sono certo un buon fotografo, spero di aver fatto un buon servizio. Vista la "vicinanza" al "coordinatore", la guida Amado mi ha presentato diverse altre guide, e ho scambiato chiacchiere con diversi personaggi, maschili e femminili, interessanti, con cose da raccontare. Dopo un'ora che camminavo sulle passerelle, davvero ben disposte, sicuramente meglio di quelle brasiliane, mi è venuto in mente che Aguirre, furore di Dio è stato girato lì, oltre naturalmente a Mission. A questo proposito, volevo fare un passo indietro. Vi ricordate la rovine gesuitiche di San Ignacio? Bene, la spiegazione dell'organizzazione delle missioni che ci ha dato la guida mi ha fatto riflettere sui danni che ha creato la cristianizzazione delle popolazioni indie. Divisione tra uomini e donne dalla culla fino a dopo la morte (anche nel cimitero). Quando si dice del senso di colpa cristiano...
Alla fine della visita, c'è da ripassare la frontiera. Ci si ferma tra Argentina e Brasile in una sorta di mall all'americana tax free. Ovviamente non me ne puo' fregare di meno, ma mi diverto ad accompagnare Gaston mentre cerca regali per tutti. A proposito di donne, e di fisionomia (scherzando dico spesso che sono fra i primi 3 fisionomisti del mondo), sentite questa. Andiamo nel reparto profumi Gaston ne cerca uno per la sua ragazza. Ovviamente, tutte le ragazze che lavorano lì dentro sono tutte truccate molto bene, e a dispetto di una divisa poco avvenente, molte sono carine, tanto piu' che siamo in una zona dove i tratti europei si mescolano a quelli indios e a quelli afro. Ne vedo una molto bella, e la segnalo a Gaston. Usciamo, e attraversiamo tutto il centro shopping, per entrare in un altro negozione. All'ingresso, vedo un'altra ragazza che cattura la mia attenzione: mi sembra quella di prima. Faccio a Gaston: "quella dev'essere la sorella gemella di quella dei profumi". Mentre glielo dico passiamo accanto ad un ragazzo della security, che mi sente e si mette ad annuire sorridendo. Gaston vede tutto ed è sbalordito. Non serve a niente, ma almeno ci si diverte.
Rientriamo all'hotel, non c'è tempo per fare niente, si cena e si brinda all'ultima sera di questo mini-tour. Ricevo domande riferite all'Italia, come succede sempre qua in Argentina. Prima di dormire ci vediamo un paio di film con un dvd portatile e sfoggio la mia cultura cinematografica, Mario e Gaston ci scherzano sopra.
La mattina dopo partenza lesta, per uno stop a Ciudad del Este, in Paraguay, appena passato il Ponte da Amizade. Piove ancora, e la cittá di frontiera paraguagia mi fa un'impressione a metá tra la cittá di Blade Runner e una metropoli asiatica, anche se non ci sono mai stato. Strade sconnesse (nelle foto vedrete una pozzanghera grande come il lago di Bolsena appena si arriva), gente dappertutto, anche che dorme dentro le scatole di cartone, un enorme mercatino, i marciapiedi pieni di bancarelle, venditori ambulanti ovunque, poliziotti giovanissimi che girano senza sapere bene cosa fare, tipo fermare due in moto (col casco) mentre davanti agli occhi gli passa un furgone pieno di scatole di elettrodomestici aperto dientro con 3 persone aggrappate. Non c'è l'ombra di negozi di servizi: solo gente che vende, di tutto. La gestione è in mano ai cinesi e agli arabi. Ne riconosco uno che la sera prima cercava Gaston in albergo, e infatti sono amici. Dentro ai negozi, lavoratori e lavoratrici di tutte le etá, molti sicuramente minori. Negozi con un cliente dentro e 15 commessi. Elettronica per tutti i gusti, prezzi stracciati. Dogana Brasile/Paraguay inesistente. E' risaputo che Ciudad del Este è un enorme Zona Franca. Alla frontiera argentina, peró, pare sappiano di tutto questo, e mi sembra di capire che vogliono essere "unti" con 300 pesos dalle comitive (come la nostra). Non è un mio problema: anzi. In quanto europeo, sono libero da franchigia, al contrario dei cittadini argentini, che ne hanno una limitata. Gaston se ne approfitta, e mi "intesta" profumi, cineprese, scarpe.
In questi giorni, scherzano e no, mi sono trasformato nel ragazzo di bottega. Carico e scarico le valigie, riempio i thermos di acqua calda, preparo il mate per Mario e Gaston mentre guidano. E' uno scherzo, ma fino ad un certo punto. Come giá detto, questi 5 giorni mi costeranno pochissimo, e mi sembra il minimo che mi metta in un certo qual modo al servizio del tour. Gaston scherza e dice che è il primo caso di uno del terzo mondo che sfrutta uno del primo, vendicando i poveri boliviani, tanto per dirne alcuni. Gli rispondo che non sono il terzo mondo. Il secondo, secondo e mezzo, magari. Dopo i passaggi di frontiera, ci mettiamo decisamente in viaggio verso sud. Ci sono quasi 1000 km da fare. Decido che arriverò fino alla fine, ad Arteaga, il piccolo paese di Gaston e della sua famiglia. Si parte quindi alle 10,00 paraguagie (non avete idea del casino, non cambiando la ora in Argentina...qui sono le 10, di lá le 10, dall'altra parte le 11...), e si arriverà alle 13 del giorno dopo ad Arteaga, dopo aver attraversato in diagonale la provincia di Misiones nella notte, poi si arriva a Victoria, e riconosco i luoghi dove sono stato pochi anni prima (leggetevi Argentina nov 06), passiamo il maestoso ponte Nuestra Señora del Rosario sul Paraná, che porta, appunto, a Rosario, e si comincia a scaricare gente (e valigie). La particolarità di Turismo Arteaga, l'agenzia della famiglia dei miei amici, è quella che ti vengono a prendere praticamente a casa, soprattutto per quelli che vivono nei paesini della provincia di Santa Fe.
Adesso sono ad Arteaga. Ho salutato familiari e conoscenti. Mi sento un po' a casa. Rimarrò qui un paio di giorni, poi mi rituffo nella Capitale. Domani o piu' tardi spero di riuscire a postare tutte le foto che ho ancora sul cellulare.
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