No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20130608

lassù dove c'è il lago

Top of the Lake - di Jane Campion e Gerard Lee (2013)
Miniserie in 7 episodi - Sundance Channel

Laketop, Nuova Zelanda, una sperduta località di montagna, abitata soprattutto da zotici, che si affaccia però su un panorama mozzafiato. Tui Mitcham, una ragazzina di 12 anni dai tratti asiatici, esce di casa per andare a scuola, ma prima di arrivarci, molla la bici in riva al lago e comincia a camminarci dentro: sembra volersi annegare. Qualcuno se ne accorge, e la cosa non le riesce. Esaminata dall'infermiera della scuola, salta fuori che Tui è incinta.
Viene avvertita della cosa la detective Robin Griffin, che prontamente accorre per prendere in mano il caso. Robin è originaria di Laketop, ma lavora in Australia; in quel momento si trova nella sua cittadina natale in visita alla madre, malata terminale di cancro. Robin ha una storia dolorosa alle spalle, vissuta esattamente durante la sua giovinezza a Laketop. Alla locale stazione di polizia, nonostante la collaborazione (non senza resistenze, espresse però sempre in maniera gentile) del comandante locale Al Parker, Robin si trova di fronte un muro maschilista da parte dei colleghi uomini. Riesce a farsi consegnare un bigliettino, dove Tui le risponde alla domanda "chi è stato?"; sul biglietto Tui ha scritto "no one", nessuno. Oppure...
Tui è una dei molti figli di una sorta di istituzione locale, Matt Mitcham, una sorta di selvaggio senza regole, che comanda a bacchetta i figli più grandi, ha avuto molte donne (una delle quali è la madre di Tui), molto probabilmente porta avanti un traffico di droga (il laboratorio è nella cantina della di lui casa, un'abitazione perennemente incasinata ma enorme, circondata da animali, sorvegliata da telecamere, protetta come un bunker), è prepotente, amico di Al Parker, non rispetta niente e nessuno, tutti lo trattano con timore reverenziale, in pratica il boss locale. Vicino alla terra sulla quale sorge casa Mitcham, c'è un luogo da sogno, in riva al lago, chiamato infatti Paradise. Improvvisamente, una colonna di camion si dirige a Paradise e vi installa una serie di container, dentro i quali si piazzano a vivere un manipolo di donne, che seguono e venerano GJ, un'altra donna che parla per aforismi. Mitcham padre, insieme ai figli, reclama una sorta di diritto su quella terra, e dopo aver molestato le donne, si incontrano con Bob Platt, il locale agente immobiliare che ha permesso che tutto ciò accadesse. Durante quello che sembrerebbe un incontro amichevole (per quanto possa essere amichevole un incontro con Matt Mitcham), Platt viene annegato nel lago dalla "famiglia".
Contro il parere di Robin, Al la convince a far tornare Tui a casa Mitcham. Al stesso comunica a Matt che Tui è incinta. Mentre Robin si incontra con una vecchia fiamma, Johnno Mitcham (anche lui uno dei figli di Matt), ed insieme vedono il cadavere di Bob Platt galleggiare nel lago, Tui ruba una pistola e fugge ancora una volta di casa, prima per recarsi a Paradise con le donne che lo abitano, e poi nei boschi, quando si accorge che la famiglia la sta cercando.

Nonostante le critiche che hanno accompagnato questa miniserie, critiche che ci sono state oltre alle lodi naturalmente, accogliamo a braccia aperte il "ritorno" di Jane Campion, un ritorno televisivo che ci convince, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che davvero la tv è il nuovo cinema. Top of the Lake, miniserie in sette episodi, diretti dalla stessa Campion e da Garth Davis, e creato sempre dalla Campion in collaborazione con Gerard Lee, col quale aveva già collaborato in passato, potrà sembrarvi un Twin Peaks (sempre più cult e fondamentale, se tenete il conto di quanto cinema, e soprattutto quanta televisione gli rende merito ancora oggi) - per la storia - meets Les Revenants - per l'ambientazione e il ritmo -, ma con una severa iniezione di quel femminismo praticamente militante, e che può pure risultare fastidioso a qualcuno, non lo metto in dubbio, che è insito un po' in tutti i lavori della regista neozelandese (che tra l'altro si rispecchia, per lo meno a livello di look, in ben due personaggi della miniserie, GJ, impersonata da una Holly Hunter schizofrenica, e Jude Griffin, la madre della detective Robin, messa in scena da Robyn Nevin). Una variazione sul tema della lotta tra il bene e il male venato oltre che, appunto, da un femminismo palpabile, da un mood vagamente pessimistico; una miniserie dall'incedere basicamente lento, praticamente schizofrenico (si, un po' come il personaggio interpretato dalla Hunter), girata con mano a dir poco sopraffina in una location oserei dire soprannaturale, eccezionalmente bella, con personaggi decisamente non stereotipati, interpretati da un cast praticamente tutto in stato di grazia.
Oltre alle già citate, troviamo infatti Elisabeth Moss (si, la Peggy di Mad Men) nella parte della detective Robin Griffin, che ha lavorato sull'accento neozelandese, un buon David Wenham (300, La papessa) che impersona Al Parker, e uno straordinario Peter Mullan, anche lui preparato sull'accento, che nei panni di Matt Mitcham rilascia una prova superlativa. Bravi anche i giovani Jacqueline Joe (Tui) e Luke Buchanan (Jamie), irriconoscibile Lucy Lawless (Caroline Platt) che fa capolino negli ultimi episodi.
Non piacerà troppo a chi si aspetta un thriller convenzionale, non deluderà chi vuole cinema rarefatto che comunica visceralmente. Seconda, o prima a pari merito, produzione di Sundance Channel insieme a Rectify, a questo punto stiamo in campana e aspettiamo la prossima.

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