No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20130910

l'autostrada bassa

The Low Highway - Steve Earle and The Dukes (and Duchesses) - 2013

Ci ho pensato molto, poi mi sono detto che prima o poi doveva accadere. O meglio, dovevo farlo. Parlare di una delle due icone (l'altra è Hank Williams III) dell'amico Monty, rischiando di dire castronerie, che lui magari non mi farebbe neppure notare, tant'è educato. Mi sono deciso perché questo disco di Steve Earle mi piace, e perché il tipo mi è rimasto simpatico appena l'ho visto interpretare una versione di se stesso in The Wire. Si, perché succede che io Steve Earle, 58 anni, debutto discografico circa 27 anni fa, 13 dischi in studio, 6 live, 7 greatest hits, 7 matrimoni di cui due con la stessa persona, autore di un'opera teatrale, un romanzo ed una raccolta di racconti, attivista politico contro la pena di morte, contro la guerra in Iraq, contro la guerra in Vietnam, sostenitore dei reduci dalla stessa guerra, autore di un pezzo in cui simpatizzava per John Walker Lindh, sostenitore di Kerry contro Bush nelle elezioni del 2004, attore come detto in tv per The Wire, in Treme (parte favolosa), al cinema in Fratelli in erba (di Tim Blake Nelson, che ha diretto per lui il video che trovate "allegato" alla rece) e, come musicista, nel documentario Slacker Uprising di Michael Moore, fino a che non l'ho sentito nominare (appunto) da Monty, manco sapevo chi fosse. E' per questo che ho una conoscenza limitatissima della sua musica e delle sue opere precedenti; non un buon background per una recensione completa, insomma.
Eppure, ho la presunzione di comprendere che questo straordinario personaggio, che oltre alle "referenze" citate poc'anzi ha vissuto il tunnel della droga ed ha avuto anche qualche problemino con la giustizia, sia un grande musicista e, mi spiace "rubare" un concetto alla recensione naturalmente completa e centrata, oltre che contestualizzata in misura enormemente maggiore della mia, di Monty, abbia il dono di saper scrivere grandi canzoni, quale che sia il genere.
Naturalmente, Steve Earle nei suoi (circa) 40 anni di musica, ha attraversato un po' tutti i generi che ruotano attorno o vicino all'americana, ed ecco quindi che è perfettamente in grado di sfornare un disco come questo The Low Highway, che abbraccia con enorme disinvoltura, appunto, generi, sfumature musicali differenti, seppure imparentate tra di loro.
Come detto prima, quando uno sa scrivere le canzoni si sente. Ecco perché fin dall'apertura del pezzo che dà anche il titolo all'album, che ovviamente parla del viaggio, si capisce che siamo di fronte ad un signor musicista, che potrà sicuramente aver fatto di meglio, ma è ancora, tutt'ora una garanzia. Violini western che si intersecano con chitarre pedal steel ed acustiche, e quella voce, stanca, strascicata, una voce che ha visto cose, che ne ha da raccontare, e che spesso ricorda più Tom Waits che Bruce Springsteen. Già dal pezzo che segue, Calico County, una rock song in piena regola con tutti gli strumenti al posto giusto e la distorsione "corretta", l'assolo e così via, non farete fatica a capire di cosa vi parlo: quest'uomo si può permettere quasi di tutto, musicalmente parlando. Burnin' It Down rallenta di nuovo l'andatura ma inserisce la sezione ritmica, mentre con That All You Got?, pezzo che vede particolarmente in luce Eleanor Whitmore al violino e alla voce (il pezzo era presente in Treme), siamo dalle parti del cajun. La simpatica (ma dalla faccia triste) Lucia Miccarelli, violinista e cantante, attrice in Treme, è co-autrice dei due pezzi seguenti, Love's Gonna Blow My Way, altro pezzo dal sapore cajun, e After Mardi Gras, ottima semi-ballata romantica con violino pizzicato prima, e relativo assolo poi. Con Pocket Full of Rain, dove Earle parla velatamente ma non troppo delle sue dipendenze ("Yeah I can still remember when/It used to kill the pain/But I woke up every mornin'/With a pocketful of rain"), veniamo guidati dal pianoforte e da un bel basso in una cavalcata con ritornello rock. Poi c'è quel capolavoro che è Invisible, una ballata sugli emarginati, con la voce di Earle che nella strofa stenta a trovare le note, talmente sono basse, il divertissement bluegrass di Warren Hellman's Banjo, Down the Road Pt.II con Earle al mandolino per un country da camionisti, 21st Century Blues, un altro buon pezzo sostenuto e pieno di chitarre, ci ricorda che c'è sempre un contestatore che canta ("Ain't the future that Kennedy promised me/In the 21st century"), ed il finalone acustico, minimale, di Remember Me, che chiude come meglio non si poteva fare.
Insomma, per tornare a chi per primo ha sponsorizzato la "causa" di Steve Earle, è vero probabilmente che prima parlava chiaro e adesso usa molte più metafore; ma ad averne.

2 commenti:

monty ha detto...

Beh Ale, me l'hai fatta penare la
prima rece di Earle, ma ne è valsa
la pena.
E sì, un pò m'hai fatto arrossire :)

jumbolo ha detto...

che dire...missione compiuta!!