No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120311

l'ultima stazione


The Last Station - di Michael Hoffman (2010)

Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: un grandamore

Russia, 1910. Nella sua tenuta di famiglia di Jasnaja Poljana, Lev Tolstoj, quasi 82enne, riceve il suo nuovo segretario personale, Valentin Bulgakov, raccomandato da Vladimir Certkov. E' in corso una sorta di lotta di potere, in seguito agli ultimi cambiamenti, sempre più radicali, nelle convinzioni del grande scrittore russo; Tolstoj, infatti, dopo aver lanciato ripetuti appelli al governo per l'abolizione della proprietà privata (per scongiurare una rivoluzione), abbraccia la fede cristiano-anarchica, il vegetarianesimo ed il pacifismo, ma soprattutto era intenzionato a cambiare il suo testamento, e a rinunciare al diritto d'autore sulle sue opere, per lui e per i suoi eredi (moglie e figli). Alcuni dei figli, convinti delle idee del padre, erano d'accordo, e Certkov spingeva per questa soluzione, visto che lui sarebbe stato il gestore del patrimonio, per la diffusione del tolstoismo. La moglie, Sofja Andreevna Bers, che amò alla follia il marito per 48 anni e al quale diede 13 figli nonostante le grandi differenze di pensiero, era fortemente contraria. Questa lotta, della quale fu appunto testimone Bulgakov (che nel frattempo si era innamorato profondamente di Masha, un'attivista tolstoiana che viveva in una sorta di "comune" vicino a Jasnaja Poljana), portò all'abbandono della tenuta da parte di Tolstoj, in treno, verso la Crimea. La moglie, appena resasi conto della "fuga", gli corse dietro. Lo scrittore, vecchio e malato, dovette fermarsi alla stazione di Astapovo, rinominata nel 1918 Lev Tolstoj.

Bulgakov scrisse, su questa esperienza, il libro L'ultimo anno di Lev Tolstoj; Jay Parini, ispirandosi a questo, nel 1990 scrisse The Last Station: A Novel of Tolstoy's Last Year. Questo film è la sua trasposizione cinematografica, che nel 2010 si guadagnò due nomination agli Oscar, una per Helen Mirren (miglior attrice protagonista, nella parte di Sofja), l'altra per Christopher Plummer (miglior attore non protagonista, nella parte di Tolstoj). Il film è, in effetti, un film fatto da grandi e vibranti interpretazioni, un cast vasto e ben diretto che mette in scena personaggi storici di sicura rilevanza. La regia di Michael Hoffman, sicuramente l'apice (fin'ora) della sua carriera, è diligente ed efficace; gli scenari tedeschi suggestivi, la fotografia discreta. La prima parte ci mostra la figura direi gigantesca di Tolstoj, con tutte le sue convinzioni senza dubbio visionarie ed in anticipo sui tempi, mentre la seconda diventa tesa ma anche piena di questo amore forte e senza fine. Il ricco cast, oltre alle due stelle citate prima (che hanno preso il posto di Meryl Streep ed Anthony Hopkins), è molto vario. James McAvoy è Bulgakov; sua moglie (nella vita) Anne-Marie Duff è Sasha, una dei figli di Tolstoj; Paul Giamatti è Certkov; Kerry Condon è Masha. Cameo per una discendente di Tolstoj, Anastasia.
Un buon film, ovviamente valido anche a livello storico.

Nessun commento: