No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120324

fino all'osso



Down to the Bone - di Debra Granik (2004)


Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)

Giudizio vernacolare: messi male eh...


Siamo in una piccola cittadina dello stato di New York, classica provincia del nord est degli USA. Irene sembra una normalissima e tranquilla cassiera di un mini-market del luogo, dimessa ma molto bella. Figli, una situazione familiare quasi noiosa. Ma sia Irene che il marito Steve sono consumatori di droghe, ma Irene ci va più pesante, ed il rischio di sprofondare nella dipendenza è continuamente dietro l'angolo. Infatti, dopo qualche tempo è costretta ad entrare in un programma di riabilitazione. Lì conosce Bob, un infermiere apparentemente pulito, e tra i due nasce una simpatia. Quando esce dal programma di riabilitazione, Irene torna al suo lavoro, ma dopo un po' la costringono a lasciarlo. Lucy, un'amica conosciuta in riabilitazione, l'aiuta, e Irene comincia a lavorare facendo pulizie nelle case private. Ma l'attrazione per Bob la spinge ad iniziare una relazione con lui, e dopo un po', Irene scopre che anche Bob, come si dice, c'è dentro fino al collo...


Debutto sulla lunga distanza di Debra Granik, regista nata nel Massachussetts e cresciuta nei sobborghi di Washington D.C., che il grande pubblico ha conosciuto ed apprezzato col suo secondo lavoro Un gelido inverno (traduzione così così del titolo originale Winter's Bone). Un debutto che, come spesso accade, riprende i temi e i personaggi, in questo caso anche il nome della protagonista, del suo cortometraggio del 1997 Snake Feed, col quale vinse il Sundance nell'apposita categoria. Questo Down to the Bone, film rarefatto, pieno di silenzi, con atmosfere ovattate dall'ambientazione invernale (evidentemente cara alla regista), ma che affronta drammi esistenziali e al tempo stesso fisici, è anche l'occasione di vedere finalmente in un ruolo da assoluta protagonista la stupenda Vera Farmiga, qui nei panni di Irene, sofferente e passionale, tesa come una corda di violino e devastata da una vita al limite. La regista, che partecipa alla stesura della sceneggiatura con un team corposo, dirige il film con buona mano, insistendo nei primi piani come per riuscire ad entrare ancora più dentro la storia e la sofferenza dei personaggi; tra esplosioni di violenza improvvise e scene di sesso trafelate e per questo molto reali, la Granik impressiona fin dal debutto, quindi, e si capisce bene perché il suo secondo film abbia lasciato il segno. Oltre alla Farmiga c'è un buon cast di contorno, dove spiccano il caratterista di film d'azione Hugh Dillon nei panni di Bob (una sorta di Bruce Willis dei poveri, se lo guardate adesso che è calvo), e l'artista multimediale Caridad La Bruja De la Luz (vista anche in Bamboozled di Spike Lee) nei panni di Lucy. Intenso.

Nessun commento: