Big Love - di Mark V. Olsen e Will Scheffer - 5 stagioni (53 episodi) - 2006/2011
Una delle tante cose che mi giravano per la testa mentre stavo terminando di vedere le 5 stagioni di Big Love, era che uno come me, che non ha moglie, può perfino essere scoraggiato dal vedere come può essere la vita di uno che ne ha tre. Scherzi a parte, l'idea di Big Love, da quando casualmente ne ho letto, mi stuzzicava: la vita di Bill Henrickson, un mormone poligamo "rispettabile", che prima si preoccupa per assicurare un futuro alla sua (imponente) famiglia (tre mogli, come detto, e otto figli, tre con la prima moglie Barb, due con la seconda Nicki, tre con la terza Margie), e poi, durante la serie, combatte da una parte per sradicare la poligamia "selvaggia" (a livelli di pedofilia, nel senso che nei compound mormoni le mogli si "assegnano" - e spesso si ri-assegnano a piacimento del "profeta" di turno - quando sono ancora minorenni) soprattutto dal suo vecchio compound, Juniper Creek, e dall'altra per fare coming out e riuscire a vivere tranquillamente la sua poligamia, come detto prima "rispettabile", visto che non è il solo a viverla. Dove poteva essere ambientata questa storia, se non nello Utah? Gli Henrickson infatti vivono in tre case (una per moglie) con giardino comunicante, a Sandy, un sobborgo di Salt Lake City. Come detto, mi ci sono avvicinato per curiosità; la curiosità è aumentata quando ho letto che, per le prime due serie se non erro, nello staff degli sceneggiatori c'era anche Dustin Lance Black (ex mormone). Solo dopo aver terminato di vederlo, ho scoperto che i creatori, Mark V. Olsen e Will Scheffer, sono una coppia apertamente gay, e regolarmente sposata. E' un dettaglio, ma magari non insignificante (lo capirete se vedrete la serie, se l'avete già vista sapete di cosa parlo). Tra i produttori c'è anche Tom Hanks, tra i registi anche Rodrigo Garcia.
La serie ha un discreto lavoro di ricerca dietro, e un ottimo lavoro di sceneggiatura, anche se a volte ci si ritrova a paragonarla ad una telenovela, visto che spesso si ripetono delle situazioni, cambiate solo di poco. Ma chiaramente, per mandare avanti una serie per cinque stagioni, è necessario creare delle storylines parallele. L'atmosfera passa da quella "familiare", e appunto spesso da telenovela, a quella inquietante delle storie da compound, di "ordinaria" prevaricazione, da un'atmosfera in bilico tra la spy-story e il gangsterismo, gli intrighi economici degli interessi mormoni, a quella mistica delle rivelazioni e del mondo a dir poco contorto di un reticolo di religioni (vivere nello Utah dev'essere quantomeno bizzarro), dallo stress da famiglia numerosa al lobbysmo, e un'altra discreta quantità di temi interessanti.
C'è un cast di tutto rispetto, che svolge alla grande il suo lavoro. Bill Paxton è Bill Henrickson, convincente nel suo maschilismo buonista. Jeanne Tripplehorn è una meravigliosa (il personaggio che ho più amato, nella sua sofferenza e nella sua voglia di "liberazione" anche all'interno della selva religiosa) Barb. Chloe Sevigny è eccezionale nell'interpretare Nicki Grant, un personaggio che ho odiato dall'inizio della serie fino all'ultima inquadratura. Ginnifer Goodwin è perfetta nella parte di Margie, giovane, sessualmente (troppo) disinibita e dall'intelletto davvero limitato, ma dal cuore d'oro. Poi c'è la faccia di Harry Dean Stanton che è Roman Grant, un personaggio che definire sgradevole sarebbe fargli un complimento. Eccezionale anche Grace Zabriskie (un'attrice molto "usata" da Lynch) nella parte di Lois, la madre di Bill. Potrei continuare per ore. Mary Kay Place (Adaleen, la madre di Nickie), Melora Walters (Wanda, la moglie del fratello di Bill), Daveigh Chase (Rhonda Volmer), Matt Ross (Alby Grant), interpretano tutti dei personaggi fenomenali, completamente fuori di testa ma credibili nel loro delirio "indotto". Ci sono anche Amanda Seyfried (Sarah, la primogenita di Bill), Branka Katic (Ana) e Aaron Paul (Scott), il protagonista di Breaking Bad. Come ormai sempre più spesso accade, molti sono stati i canali pubblicitari. Brevi episodi (gli ormai comunemente conosciuti webisodes), in questo caso precedenti alla serie (si trovano su youtube), il blog di Margie (Margene's Blog) con annesso Vlog (anche questi brevi episodi reperibili su youtube). Musica varia, con prevalenza di country; nella seconda serie addirittura è stata curata da David Byrne.
Non ci credevo inizialmente, ma anche questa è una buona serie (ormai conclusa), appassionante a volte in maniera incredibile, e dannatamente ben recitata, che tratta di un argomento per noi curioso, ma che probabilmente negli USA, e soprattutto in quelle zone, è parecchio sentito.
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