Derecho de familia - di Daniel Burman (2006)
Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
Giudizio vernacolare: bellino
Buenos Aires, Argentina. Ariel Perelman, avvocato, difensore pubblico, ha seguito le orme del padre Bernardo Perelman, per tutti il dottor Perelman, vedovo da anni e completamente dedito al suo lavoro. Ariel in alcune cose è identico al padre, in altre è completamente diverso. O almeno crede. Avendo anche insegnato legge, Ariel è metodico: si lancia alla conquista di una ex allieva che gli piace molto, Sandra, che insegna Pilates. Si iscrive ad uno dei suoi corsi, la conquista, la sposa, hanno un figlio e una vita felice. Mentre educa Gastón e porta avanti con buoni risultati la vita coniugale con Sandra, Ariel riflette sul suo rapporto col padre. Gli somiglia? Non gli somiglia? Il padre è soddisfatto di lui? Il padre è felice? Il loro non è mai stato un rapporto molto stretto, ma il dottor Perelman è sempre stato più che presente. Un bel giorno, il dottor Perelman cambia completamente, inizia a stravolgere le sue abitudini. Perché?
Daniel Burman è un giovane (non ha ancora 40 anni) regista argentino, di origini ebree polacche, ma a dispetto della relativamente giovane età è già un regista esperto, nonché attivo produttore (a parte tutti i suoi film ha, come dire, "messo le mani" in produzioni di altri registi quali Garage Olimpo, I diari della motocicletta, per citare titoli conosciuti fin da noi, e, per esempio, in piccole ma validissime produzioni sudamericane quali l'ottimo Como un avion estrellado, del quale prima o poi vi parlerò). Il primo suo film che sono riuscito a vedere fu El abrazo partido - L'abbraccio perduto, del 2004, probabilmente l'unico dei suoi lavori distribuito in Italia, e mi sono ripromesso di scovare anche gli altri suoi film, perché questo era davvero un buon film. Il precedente Todas las azafatas van al cielo era inferiore, ma non da buttare. Questo Derecho de familia, che segue El abrazo partido, mantiene una notevole verve comica, tipico suo marchio di fabbrica, ed innesta su questa vena comica il tema, presente pure nel film precedente ma al contrario, del rapporto padre/figlio, estendendolo a quello padre/nipote, con un buon tocco, lieve e delicato, riuscendo a far ridere e a far riflettere. Questo Derecho de familia, insieme a El abrazo partido e al precedente Esperando al Mesías, formano in realtà una trilogia che è stata chiamata ufficiosamente "la trilogia di Ariel", visto che in tutti e tre i film il protagonista si chiama Ariel, seppur cambiando cognome (e denotando la parziale origine autobiografica del tutto, visto che il protagonista è ebreo). Ariel è sempre interpretato da Daniel Hendler, attore uruguaiano attivo soprattutto in Argentina, molto legato a Burman (le sue note biografiche ci dicono che i due si sono conosciuti mentre Burman e Marco Bechis stavano facendo dei casting per Garage Olimpo); Burman ha una faccia simpaticissima, e pure in questo film, che grava per un buon 90% sulle sue spalle, risulta decisivo. Ottime anche le prove di Arturo Goetz nei panni del dottor Perelman, e della deliziosa Julieta Díaz (vista in La señal e in Maradona, la mano di Dio di Marco Risi) nella parte di Sandra.
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