Venere nera - di Abdellatif Kechiche (2011)
Giudizio sintetico: da vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: è propio 'r caso di dire....POPO' DI POTTA!!
Saartjie Sarah Baartman nacque attorno al 1789 presso il fiume Gatmoos, in Sudafrica, ed apparteneva all'etnia Khoi, anche conosciuti come ottentotti. Rimasta orfana presto, divenne schiava di una famiglia di boeri; Hendrick Caezar, fratello del padrone di Sarah, convinse Sarah stessa, più il fratello (proprietario) e Lord Caledon (che doveva dare il permesso), Governatore del Sudafrica, ad andare a Londra ed esibirsi come fenomeno da baraccone, promettendole ricchezza. Sarah, così come le donne della sua etnia, era molto bassa (1 metro e 35 centimetri), aveva natiche enormi e prominenti, era, insomma, una donna senza dubbio molto diversa da quello che gli europei concepivano fino ad allora. Aveva inoltre il cosiddetto, dagli studiosi di anatomia dell'epoca, grembiule ottentotto: le labbra della vagina sporgevano dall'organo per più di otto centimetri.
Kechiche, il regista di Tutta colpa di Voltaire, La schivata e Cous cous, ha raccontato con questo film la storia di Sarah, morta a Parigi prima dei suoi 30 anni (nel 1815) di una malattia infettiva, e le cui spoglie riposano finalmente in Sudafrica, vicino a dove nacque, dopo che Nelson Mandela riuscì, nel 2002, a farsi restituire le spoglie dalla Francia.
Kechiche, regista (sceneggiatore e attore) tunisino cresciuto in Francia, dove la famiglia emigrò quando lui aveva sei anni, prosegue il suo personale cammino cinematografico attraverso storie che parlano di immigrazione. Questa volta, però, la storia, seppur romanzata, è vera, realmente accaduta, e nonostante il regista cerchi di rimanere abbastanza asettico, imparziale diciamo, è drammatica ed a tratti straziante, soprattutto per la miseria intellettuale che avvolgeva un po' tutto il cosiddetto Vecchio Mondo (leggi Europa e gli europei), nei confronti di qualsiasi cosa venisse da un'altra parte, ed in particolar modo dall'Africa. Pochi i personaggi che si salvano da questa ottusità (fortunatamente, ce n'è qualcuno). Film un po' prolisso (oltre due ore e mezzo), ma toccante, disturbante, una storia che merita di essere conosciuta e che può servire da metafora per molte situazioni odierne. Eccellente il quartetto di attori principali. Stupefacente la debuttante Yahima Torres nella parte della protagonista Sarah. Ottimo il sudafricano Andre Jacobs nei panni di Hendrick Caezar. Sempre bravo il camaleontico Olivier Gourmet (qui nella parte di Réaux), attore dardenniano come ricorderanno i più attenti. A tratti inquietante Elina Lowensohn (Jeanne), in possesso di una strana sensualità, lei invece attrice spesso "usata" da Hal Hartley, ma vista anche in molti altri film.
Documento.
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