How to Survive a Plague - di David France (al momento inedito in Italia)
Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)
How to Survive a Plague, titolo tra l'ironico e l'orrorifico, ma indovinatissimo, racconta di come, tra il 1987 ed il 1996, un gruppo di giovani gay che avevano contratto il virus dell'AIDS, divennero instancabili attivisti, fondando prima ACT UP, e poi più tardi il gruppo TAG, e che, organizzando proteste non violente e gruppi di pressione, partecipando a convegni, prestandosi a sperimentazioni, intervenendo a campagne elettorali, effettuando blitz nelle sedi di case farmaceutiche, stilando tabelle di marcia, studiando strategie, riuscirono, ovviamente aiutati da ricercatori particolarmente sensibilizzati su quella che stava diventando una pandemia su scala mondiale, a far si che l'AIDS divenisse una malattia con la quale si poteva alla fine convivere, e non risultasse più una sicura condanna a morte.
Nella cinquina dei candidati all'Oscar come miglior documentario, come potevate immaginare, How to Survive a Plague, nella struttura, mi ha ricordato, pensate un po', le due miniserie sulla Seconda Guerra Mondiale prodotte da Steven Spielberg, Band of Brothers e The Pacific. E non perché, in effetti, come sottolinea verso la fine uno dei protagonisti, quegli anni dell'AIDS sono stati come una guerra, dalla quale solo alcuni sono tornati a casa, ma perché, appunto, alcuni di quelli che vediamo nei panni dei protagonisti, giovani nei filmati d'epoca, li rivediamo, fortunatamente aggiungerei, per così dire "anziani", ancora vivi e in buona salute nella "carrellata" finale del documentario. Purtroppo, non ci sono tutti: alcuni di loro sono "morti provandoci", e naturalmente, come tutti sappiamo, diversi milioni di altre persone sono morte a causa di questa epidemia micidiale. La guerra non è finita, ma è vero che questo documentario mostra una perseveranza, una costanza, una testardaggine, una rabbia necessaria, per ribaltare proprio quella guerra che, complice una amministrazione statunitense e una chiesa romana (e alcuni politici) che, trincerandosi dietro panegirici ed acrobazie discorsive (alcuni particolarmente odiosi non provavano neppure ad inventarsi balle), erano convinti che l'AIDS fosse una sorta di punizione divina che dovesse giustamente castigare i sodomiti. Molto importanti sono alcune prese di coscienza, a volte degli stessi attivisti/protagonisti, per imparare dai propri errori. Ma, ancora più importante, il messaggio che arriva allo spettatore è che la mobilitazione, se fatta con intelligenza e perseveranza, paga, qualunque sia il "nemico".
Vibrante e con alcuni momenti toccanti, ci racconta una storia a noi europei poco nota, facendoci conoscere degli eroi civili che meriterebbero di essere ricordati, sia quelli "caduti", che quelli, per così dire, ancora in piedi.
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