The Impossible - di Juan Antonio Bayona (2013)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Alla vigilia del Natale del 2004, la famiglia Bennett, Henry e Maria, con i figli Lucas, Thomas e Simon, inglesi residenti in Giappone, arrivano in un esclusivo hotel tailandese a Khao Lak, per trascorrere lì le feste. Per un disguido, gli viene assegnato un appartamento a piano terra immerso nel verde, anziché uno ai piani alti del complesso. Henry e Maria stanno riflettendo sulla possibilità che Maria, medico non praticante, riprenda a lavorare, visto che hanno qualche problema finanziario, e che i tre figli non sono più piccolissimi. La mattina del 26, dopo essersi scambiati i regali, stanno rilassandosi ai bordi della piscina, quando un enorme onda d'acqua travolge tutto e tutti. Maria, pur ferita abbastanza gravemente, riesce a ritrovare Lucas. I due portano in salvo un bambino svedese, Daniel, e si mettono al riparo su un albero. Più tardi, soccorsi da alcuni locali, riescono ad arrivare ad un ospedale, dove Maria viene operata e messa in terapia intensiva in attesa di una ulteriore operazione, e Lucas, illeso, comincia a darsi da fare, spinto dalla madre, per provare a ricongiungere famiglie separate dall'evento. Henry, che è riuscito a ritrovare Thomas e Simon, si mette alla ricerca della moglie e del figlio maggiore, spinto dalla forza della disperazione.
Pompato dal terrore che la tragedia dello tsunami del 2004 fa riaffiorare in ognuno di noi, e spinto da una nomination all'Oscar per Naomi Watts (Maria), The Impossible, diretto da Bayona, già regista di The Orphanage, sopravvalutatissimo horror del 2008, ispirato ad una storia realmente accaduta ad una famiglia spagnola rimasta coinvolta nel disastro naturale del 2004, è un altro film sopravvalutato, che ha pure gravi pecche, tutte occidentali. Non pago di aver portato sfortuna (gli studios spagnoli Ciudad de la Luz sono stati chiusi per insolvenza, e The Impossible probabilmente rimarrà nella storia come l'ultima pellicola girata lì), di aver portato la pur brava Watts (in altri frangenti) ad una nomination immeritata (se bastassero occhi neri e lividi vari, o recitare sdraiati per l'80% di un film Naomi potrebbe anche sperare di vincere), e di aver sprecato milioni di litri d'acqua (in tempi come questi) per la realizzazione della scena dello tsunami (reiterata anche verso la fine del film, forse a causa di sensi di colpa ecologisti del regista), che comunque rimane inferiore a quella di Hereafter, il film di Bayona, come nota Laurence Phelan su The Independent, che ha avuto la stessa mia impressione (e che definisce il film disaster porn), fa sembrare lo tsunami come una tragedia che ha colpito solo i ricchi turisti bianchi, e nonostante quello che preannunciavano i lanci pubblicitari, è incapace di far risaltare la generosità di un popolo molto più povero di quelli che normalmente vanno lì in vacanza (forse solo per un attimo, quando vediamo trasportare la Watts all'ospedale su una porta). E questa, secondo me, è una colpa gravissima, che denota come il regista abbia puntato esclusivamente sulla spettacolarizzazione dell'evento, oltre che puntando alla commozione attraverso scorciatoie sentimentali piuttosto scontate. Un film che non lascia niente, se non una punta di incazzatura. Cameo per Geraldine Chaplin, evidentemente portafortuna del regista.
2 commenti:
Hai ragione su tutto. Brutto film. Grande pubblicita' alla Zurich.
Miki
alla?
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