Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Il giornalista investigativo Jeremy Scahill inizia un'investigazione in Afghanistan, Yemen, Somalia e altri paesi in cui gli Stati Uniti hanno intrapreso azioni militari nella guerra al terrorismo. In Afghanistan, indaga sulla copertura militare e governativa degli Stati Uniti nella morte di cinque civili, tra cui due donne incinte uccise dai soldati statunitensi del comando delle operazioni speciali congiunte (JSOC, Joint Special Operations Command). Dopo aver indagato sull'attacco, Scahill si reca in altri siti dove la JSOC è intervenuta, intervistando sia i sostenitori che gli oppositori, nonché i sopravvissuti, di tali incursioni, incluso il senatore degli Stati Uniti Ron Wyden.
Scahill indaga anche sugli omicidi di cittadini americani Anwar al-Awlaki e suo figlio Abdulrahman al-Awlaki, incontrando la loro famiglia nella loro casa nello Yemen. Scahill suggerisce che la guerra al terrorismo in realtà aumenti la radicalizzazione dei musulmani. Illustra anche il caso del giornalista investigativo yemenita Abdulelah Haider Shaye, che è stato arrestato, processato e condannato con l'accusa di terrorismo dopo aver denunciato attacchi di droni americani.
Candidato all'Oscar per miglior documentario del 2013 (vinse 20 Feet from Stardom), Dirty Wars, come mi capita spesso di sostenere, dimostra che in fondo gli US sono davvero una grande democrazia, se ci sono voci fortemente fuori dal coro come questa. Certo, ha dei difetti, sia a livello tecnico che nel focalizzarsi troppo sulla figura del giornalista, ma certo rimane un prodotto molto interessante.
As an Oscar nominee for best documentary of 2013 (the Oscar went to 20 Feet from Stardom), Dirty Wars, as I often say, shows that after all the US is really a great democracy, if there are voices strongly out of the choir like this. Sure, it has some flaws, both technically and in focusing too much on the figure of the journalist, but it certainly remains a very interesting product.
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