No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20130723

taci

Silence Yourself - Savages (2013)

Se volessi far loro un dispetto, le definirei le Interpol al femminile. Il dispetto dipenderebbe dal fatto che gli Interpol erano (sono? esistono ancora?) improponibili dal vivo, però i dischi erano piacevoli, spesso pure belli. Ma le Savages, quattro ragazze messesi insieme a Londra, Jehnny Beth alla voce (vero nome Camille Berthomier, è francese), Gemma Thompson alla chitarra, Ayse Hassan al basso, Fay Milton alla batteria, non hanno ancora avuto il tempo di farsi prendere in antipatia per la loro eventuale apatia (anzi, per adesso le notizie sui loro live sono positive): il loro debutto, del quale stiamo parlando, è uscito nello scorso maggio. Ed è uno dei debutti più acclamati quest'anno.
In effetti, fatte tutte le dovute premesse, e cioè che non c'è un briciolo di originalità nella loro musica, Silence Yourself è un bel sentire. Siamo decisamente dalle parti, ma l'avrete già capito col discorso degli Interpol, del revival new wave, anche se in molti le catalogano come post-punk revival, e c'è da dire che, in effetti, c'è molto di PJ Harvey quanto di Siouxsie dentro le linee vocali di Jehnny. L'approccio vocale è aggressivo ma melodico, e sa quando accarezzare. Le linee di basso di Ayse sono belle rotonde e piene (decisamente la cosa che mi piace di più del disco), la chitarra di Gemma usa il noise per armonizzare, e distribuisce quasi in egual misura pennate metal distorte ma poco compresse, così come arpeggi con flanger decisamente dark, e il tutto risulta funzionale al mood del momento e del pezzo. La batteria di Fay svolge la sua funzione con diligenza, se devo essere pignolo l'ho sentita "zoppicare" su alcuni passaggi del finale di I Am Here (proprio lì dove Jehnny sembra davvero PJ Harvey), ma sono davvero sottigliezze trascurabili.
I pezzi suonano omogenei stilisticamente, ma sono ognuno diverso dall'altro (e ci mancherebbe, siamo al debutto), ed ognuno affascinante a suo modo. She Will sembra un po' troppo Love Will Tear Us Apart (ma, del resto, chi non ama quel pezzo?), Dead Nature è un riempitivo noise di due minuti ma ci sta, però il trittico No Face, Hit Me, Husbands è carico d'energia, l'attacco di Shut Up è micidiale (anche se già sentito mille volte, ma l'abbiamo già detto), insomma, un bel manipolo di canzoni, e il gioiellino conclusivo di Marshal Dear (il ritornello dà il titolo all'album) che sa perfino di Nick Cave, non fa altro che lasciarci il fiato sospeso: a questo punto, dipende da loro. Se sapranno evolversi, spiccare il volo divenendo personali e staccandosi dall'etichetta revival, potranno andare lontano.
Un ringraziamento ad Ale che me le ha segnalate.

1 commento:

Filo ha detto...

in pratica: se non fosse un gruppo tutto al femminile, non se lo sarebbe cagato (quasi) nessuno.
oh comunque a me non dispiacciono.
Come dici tu: per adesso purgatorio.
Vedremo.