No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20111124

the debt



Il debito – di John Madden (2011)



Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Giudizio vernacolare: un sa’ d’un granché

Tel Aviv, Israele, 1966. Tre agenti del Mossad, una donna e due uomini, Rachel Singer, David Peretz e Stephan Gold, tornano in patria dopo aver portato a termine una missione per la quale saranno venerati: hanno scovato ed ucciso Dieter Vogel, detto “il chirurgo di Birkenau”, un medico tedesco che, un po’ come Mengele, aveva praticato atrocità indicibili sugli ebrei internati in quel campo.
1997: Sara ha scritto un libro sull’operazione portata a termine dal commando del quale faceva parte la madre Rachel, e lo sta presentando al pubblico. Applausi: i tre agenti sono ancora idoli per gli israeliani.
Nel frattempo, un uomo dell’età di Rachel e Stephan si uccide sotto gli occhi di quest’ultimo. Ha qualcosa a che fare con lui. Chi era? E perché si è ucciso?

Avevo dei dubbi su questo film, che altro non è se non un remake di un film israeliano del 2007, dal titolo Ha-Hov (identico, “il debito”), e la sua visione me li ha confermati. E’ peraltro difficile spiegare il perché, in questi casi. Il plot è potenzialmente interessante: c’è la spy-story, i "postumi" dell’Olocausto, il senso di colpa (in questo caso, anche dei discendenti delle vittime, scoprirete il perché vedendo il film, se deciderete di farlo), colpi di scena fino alla fine, flashback e flashforward, attori bravi e belli, e, perché no, il fascino della Berlino divisa del tempo che fu. E’ quindi, così ragiono io, colpa del regista, se non riesce ad imprimere ritmo, se non riesce a far suo (essendo un remake, si può dire così), a rendere indimenticabile una storia potenzialmente interessante come questa.
Il film è infatti straordinariamente debole, senza nessun mordente, e soprattutto, un manipolo di bravi attori, come detto prima, rilascia una prova complessiva assolutamente da non ricordare. Avere a disposizione Helen Mirren (Rachel), Tom Wilkinson (Stephan), Ciarán Hinds (David), la splendida Jessica Chastain (Rachel da giovane), Marton Csokas (Stephan da giovane), Sam Worthington (David da giovane), e non riuscire a tirarne fuori una prova decente, è quantomeno sospetto. Meno male che c’è pure Jesper Christensen (Dieter Vogel alias Doktor Bernhardt), sempre su altissimi livelli (lo abbiamo visto pochi giorni fa in Melancholia – era Little Father -, e ve lo consiglio caldamente nella trilogia delle classi sociali di Per Fly – La panchina, L’eredità e Gli innocenti), l’unico che riesce a strappare emozioni in un film tanto piatto. Prossimamente vorrei anche rivedere Romi Aboulafia (Sara), viso interessante.
E’ vero che Madden fu nominato agli Oscar per Shakespeare In Love (e non vinse, anche se quel film prese sette statuette), ma non dimentichiamoci che è il regista di quel film indimenticabile perché bruttissimo, che rispondeva al titolo de Il mandolino del capitano Corelli

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