L'ora dell'ormai - Bobo Rondelli (2011)
Son proprio contento che Bobo cominci ad avere visibilità. Se la merita, perché c'è sempre spazio per chi fa musica di classe, anche se tutta già sentita, con passione, cuore, e perché no, anche con ironia e divertimento. E non importa se a Bobo e alla sua musica, ahimé, è legata una delle mie ultime pagine sentimentalmente tristi: gli voglio bene lo stesso, perché è livornese, e perché più invecchia, più assomiglia al mi' nonno. Ve lo giuro.
E quando sento canzoni come Livorno nocturne, recitata con quella sua voce che imita Mastroianni, dense di autoironia e di una malinconia autocompiaciuta, di quelle che si usano quando si sa che ci fa piacere stare male, perché c'è poi sempre qualcuno disposto a consolarci, a dirci qualche parola di conforto, di lusinga, anche false, mi abbandono completamente a lui, dimentico di quanto tutti i pezzi, a livello musicale, sappiano di déjà vu.
E' un Bobo, sembra a me, che canta soprattutto l'amore, e che è già più pacificato di qualche tempo fa, segno evidente che il dolore passa, e si deve continuare a vivere, come spiega in maniera estremamente chiara ma divertente in questa intervista di quasi due anni fa. Un Bobo che si rifà alla grande tradizione della canzone italiana d'autore, semplice, strofa/ritornello, piuttosto semplice anche nei testi, musicalmente ricercata (jazz fino alle influenze balcaniche, flamenche o tanguere), alla ricerca della poesia che possa essere capita da tutti.
Con L'albero mette in musica l'altrettanto livornese Giorgio Caproni, e sembra di sentire Sergio Endrigo. Nell'iniziale Per amarti sembra decisamente rimembrare il rapporto con la madre dei suoi figli, e se si ascolta con questo pensiero, commuove, così come ne La giostra dell'amore, frase che pure io uso spesso in modo ironico, è evidente ripensare ad amori del passato, cose che, insomma, capitano a tutti, e vengono ripensate "quando si è più grandi" e maturi. E se in Canto di un padre, inutile commentare, mette in testo e musica il suo amore per i figli, e la bellezza di star loro accanto, unita alla preoccupazione ovvia per il loro futuro, e per quello che potrà fare per loro (così come in Bambina mia), in Sporco denaro, musicalmente vagamente balcanica, si incazza, e nelle ultime cinque righe riassume perfettamente la filosofia livornese (Maledetto vile sporco denaro/ti spenderò in un giorno solo/e con la paga di una settimana/pago da bere a chiunque trovo/e con il resto ci vo' a puttane) rispetto al denaro. Angelo azzurro, poi, è come un'elegia a chi lo ha "salvato" (Tirami fuori dalle osterie/prendimi e portami via/da questo naufragio di lacrime). Poi, riassume l'amore la poesia di Franco Loi (pezzo omonimo), poi musicata in Si a me delle donne, e nelle seguenti Tu mi fai cantare e Blu, concludendo con la struggente title-track.
Apparentemente semplice, infinitamente bello. O bravo 'r mi' Bobo, dé.
2 commenti:
io quando fa mastroianni lo amo quasi più di quando canta
Mi sono garbati solo tre brani
sporco denaro, livorno nocturne e blu, il resto troppo intimistico, un bobo così non lo conoscevo e francamente lo preferisco con hawai a shangay, a questo.
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