Anna Calvi + Pustki, lunedì 17 ottobre 2011, Varsavia, Klub Palladium
Lo pensavo già da tempo, ma dopo stasera, nel freddo di Varsavia, mentre insieme all'amico Massi camminavamo veloci verso la fermata del tram, ho messo a fuoco un desiderio per il futuro: ridurre il numero di concerti da vedere in un anno (già fatto), e possibilmente, far si che per la maggior parte siano all'estero, fuori dall'Italia. Non so se vi siete mai soffermati sulla differenza delle location dove si svolgono i concerti, la differenza tra quelle italiane e quelle estere. Per dire, a volte mi metto a navigare, andando sul sito di un artista o di una band che mi piacerebbe vedere live, e che magari non passa in Italia durante l'ultimo tour. Comincio ad immaginare una data estera che potrebbe essere favorevole, poi vedo di trovare un volo conveniente, un albergo per dormire. Tutto in teoria, senza fare niente. Poi, per curiosità, ho cominciato ad entrare, dove esistono, nei siti dei luoghi dei concerti. E sono fantastici, tutti, quelli nelle altre nazioni.
Arriviamo al Palladium, in centro, vicinissimo al Palac Kultury i Nauki, nelle viscere del quale, al Kulturalna, ho visto un altro concerto l'anno scorso, e c'è da dire che questo Palladium è davvero migliore, più grande, più elegante, diciamo che è effettivamente un ex teatro, almeno questo mi pare. Atrio grande e accogliente, guardaroba all'ingresso, addetti gentili, comode poltrone e due bar, atrio che si affolla pian piano, visto che le porte per entrare nello spazio dove verranno ospitati gli spettatori rimangono chiuse fino alle 20,30 circa, ora in cui inizia lo show dei Pustki, band polacca piuttosto famosa in patria, che si esibisce per circa 40 minuti, mostrando un discreto amalgama, e uno sviscerato amore per i suoni post new wave, mescolati con il pop più leggero, testi in polacco, voce principale quella di Barbara, che suona anche le tastiere, alla chitarra Radek, che vorremmo più grintoso e cattivo, la sezione ritmica è formata da Grzergorz alla batteria, e da Szymon al basso, amico di Massi, me lo presenterà dopo il concerto, onesti lavoratori della chiave di basso. Il tecnico delle luci e quello dei suoni li tratta come in Italia si tratterebbe solo un headliner.
Il luogo si riempie, non al collasso, alla fine diverse centinaia di persone assisteranno allo show dell'inglesina. Pubblico variegato e composto, a parte un egocentrico che strillerà a dismisura nelle pause dei primi pezzi di Anna Calvi. Buona risposta, anche se non trascendentale, ma la Calvi ne rimarrà soddisfatta.
Alle 21,40 circa si spengono le luci, ed entra il terzetto. Anna è vestita come l'ho sempre vista vestita, nei video live o nelle apparizioni tv. Evidentemente le piace. I pantaloni ascellari le fanno il busto un po' corto, secondo me, ma le scarpe col tacco mi danno sempre soddisfazione. I capelli sono raccolti, as usual. Non mi lascia il tempo per altre considerazioni di look, che si lancia immediatamente nel solo di Rider to the Sea, che conferisce immediatamente un tocco western al concerto. Direi che è il suo marchio di fabbrica. Come dovrebbe essere, varia leggermente il pezzo, la chitarra vibra di più, e lei pare farsi trasportare dai suoni che lei stessa produce. Ammaliante vedere una donna, per di più decisamente carina, imbracciare una chitarra elettrica e domarla, con padronanza ed impeto. Segue naturalmente No More Words, dove la voce appare ancora un po' fredda, non per impegno quanto proprio per una norma diciamo fisica. Blackout è il terzo pezzo, la voce si scalda ma l'armonia mi sembra ancora deficitaria. In tre non è semplice riempire uno spazio così, con strumenti e voci. Però questo pezzo è davvero bello, soprattutto quando arriva al chorus. Le cose migliorano in fretta, ed è la volta di I'll be your Man; comincio ad osservare meglio i due musicisti, mentre mi accorgo che il pezzo esce quasi migliorato dall'assenza degli archi, quantomeno l'impatto è più robusto. I musicisti, dicevamo. Daniel Maiden-Wood è un batterista di quelli che mi piacciono. Essenziale, con un drum-kit minimale, rulla quando ci sta e non lesina, usa i piatti, gli piacciono i controtempi, "vive" i pezzi, magari non sarà spettacolare, ma ad Anna piace perché, dice, nonostante sia un batterista "è intuitivo ed ascolta, cosa rara in un batterista". A differenza di quello che si potrebbe pensare, non tende a strafare, nonostante, come più volte ripetuto, sono solo in tre sul palco. A dire il vero, per uno dei primi pezzi, c'è anche uno dei roadies che suona un'altra chitarra, ma solo per un pezzo. Mally Harpaz è qualcosa di stupefacente. Ha ragione, sempre la Calvi, quando dice che non ha voluto espressamente un bassista, perché Mally è la sua orchestra. Grintosissima, suona le percussioni quasi con violenza (ha iniziato come batterista per Anna), dal triangolo fino ai piatti, usa l'armonium indiano per riempire i vuoti naturali che un trio lascia nelle armonie, spesso suona tutto assieme contorcendosi, ed è vigorosamente il cuore del terzetto.
Dopo una vigorosa versione di First We Kiss, che mi fa pensare, come un po' tutta la sua musica, ad Anna Calvi come a una versione femminile di un mix tra Nick Cave, Tom Waits e Leonard Cohen, con in più quel pizzico di propensione alla drammaticità della musica lirica (e una propensione spiccata a ricordare le atmosfere delle colonne sonore morriconiane), il concerto decolla definitivamente, ed il pubblico è conquistato. Molto bella la cover di Surrender di Elvis, dopo di che tocca alla suggestiva e quasi sussurrata Morning Light. Il pezzo seguente spiazza un po' tutti, me compreso, capisco che è una cover ma ci metto anche il dopo-concerto a ricordarmi di chi è. Quel che so è che rifatta così è qualcosa di straordinario: Wolf Like Me dei TV On The Radio! Suzanne and I è un crescendo di emozioni, come del resto Moulinette, dal suo sapore così francese e malinconico (le rullate di Daniel nel finale mi fanno godere).
I due "colpi" finali, prima della pausa, sono la potente Desire, durante la quale la voce di Anna esplode letteralmente, e la bellissima e rarefatta (inizialmente) Love Won't be Leaving, che ci ricorda perché l'album di debutto di questa artista è stato sicuramente uno dei migliori di questo 2011.
Pausa breve, rientro durante il quale Anna, ringraziando, e parlando pochissimo, come durante tutto il concerto, fa capire di essere una timida, in fondo. Tornando un po' all'attacco dello strumentale iniziale Riders to the Sea, ecco l'acclamata The Devil, altro pezzo denso di emotività, e dove Anna, modestamente, sfoggia la sua maestria chitarristica, non dimenticandosi quella vocale.
Chiude Jezebel, ancora una cover (Edith Piaf), ma questa è quella che l'ha fatta conoscere, e, paradossalmente (ma fino ad un certo punto), è quella più simile all'originale (un pezzo-della-madonna), rispetto alle altre. E' passata un'ora, e le luci del Palladium si riaccendono.
Grande finale, grande concerto, grande musica. Durata di quelle che preferisco. Ci attardiamo con Szymon dei Pustki, e la sua ragazza, grande appassionata di musica e di Anna Calvi, esaltatissima dal concerto. Ha ragione.
Poi, usciamo nel freddo e ci avviamo verso casa. Tra qualche giorno, al Palladium, suoneranno i Tinariwen. Grande musica ancora una volta.
Nessun commento:
Posta un commento