No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20111109

l'aria difficile


Los aires difíciles – di Gerardo Herrero (2006)


Giudizio sintetico: da evitare (1/5)

Giudizio vernacolare: meno male le zotte un si girano artro che da noi


Spagna. Juan si trasferisce da Madrid a una zona marittima nei pressi di Cadice, con la nipotina Tamara ed il fratello ritardato Alfonso. C’è un passato, doloroso, da lasciarsi alle spalle. I genitori della nipote sono morti in breve tempo; la madre, Charo, in gioventù fidanzatina di Juan, poi passata al fratello più grande Damián, con quest’ultimo si è sposata. Dopo qualche anno di matrimonio, è diventata l’amante di Juan, poi è rimasta incinta (non si sa bene di chi), e la loro storia è proseguita tra alti e bassi. Charo ha avuto altri uomini, e alla fine è morta in un incidente d’auto proprio con uno dei suoi (altri) amanti. Damián è mancato più tardi, e alla fine scopriremo come. L’amico fraterno, nonché poliziotto, Nicanor, è ossessionato dalla colpevolezza di Juan, e cerca di farsi confessare che Juan ha ucciso volontariamente Damián dal povero Alfonso.

Nella loro nuova casa, cercando una nuova vita, si legano a Sara, una donna poco più anziana di Juan, anche lei trasferitasi lì da Madrid, evidentemente per lasciarsi alle spalle un passato scomodo, e a Maribel, la donna tuttofare sia di Sara che di Juan, madre di Andrés, che ha l’età di Tamara, e che è stato abbandonato dal padre detto Panrico, nonostante lui viva ancora in quella zona.


E’ il secondo film che vedo di Herrero, dopo Malena es un nombre de tango, anch’esso tratto da un libro di Almudena Grandes. E, se nel primo caso forse ero stato clemente, soprattutto perché l’interpretazione di una bravissima attrice come Ariadna Gil salvava il salvabile, stavolta devo dire onestamente che questo è un film da far vedere appositamente per spiegare come non dev'essere un bel film.

Il libro omonimo, che ho amato come quasi tutta la produzione della scrittrice spagnola, esce massacrato dalla trasposizione di Angeles Gonzàlez Sinde e Alberto Macìas. Capisco la necessità di compattare e tagliare, ma allora perché volerne fare per forza un film? La storia di Sara sparisce completamente, così come quella tra Tamara e Andrés; tutta la sofferenza di Juan, il suo passato, e il suo dualismo col fratello, la sua storia con Charo, scompaiono o perdono spessore, fino a divenire insignificanti o poco più. Non finisce qui.

La fotografia, su uno sfondo comunque bello come la zona di Cadice, non riesce a rendere affascinante il tutto; la regia è piatta, incredibilmente piatta, manca dinamicità, e le recitazioni sono davvero ridicole. Si salva solo la prova di Carme Elias nei panni di Sara, probabilmente aiutata dalla parte minuscola che le viene affidata. Un vero peccato.

Visti i risultati, e visto che Herrero è uno dei produttori ispano-americani più attivi (e con ottimi risultati), direi che è meglio se dietro alla macchina da presa ci fa stare gli altri.

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