No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060427

potrei


Questa sera potrei parlare della semifinale di Champions Barcellona-Milan. Oppure potrei parlare della splendida tuta adidas che mi sono comprato oggi pomeriggio. Potrei disquisire su quanto abbia rotto il cazzo Fabio Volo, che mi è capitato di vedere di sfuggita mentre spegnevo la tv. Potrei farvi commuovere raccontandovi che oggi sono 10 anni che è morta mia madre.
Invece no. Non farò "niente di tutto questo" (cit. Negazione).

Metto su "SxM" dei Sangue Misto del 1994, e vi parlerò degli ultimi film che ho visto al cinema. Parto con "Il grande silenzio", di Philip Groning, un non film che è stato molto apprezzato dai recensori di professione. Ecco, è piacevole ogni tanto cozzare contro il giudizio critico. Questa specie di documentario, per il quale il regista ha chiesto il permesso per anni, e dopo quasi 20, almeno così pare, lo ha ottenuto, documenta, appunto, la vita di un convento di monaci certosini nella zona di Grenoble. Dura quasi 3 ore, ed è di una pallosità fuori da qualsiasi umana sopportazione. Non ci sono dialoghi, se si escludono le preghiere e le formule di rito dei monaci (e un demenziale monologo di uno di loro, che trasgredendo alle regole ferree parla con alcuni animali ai quali porta da mangiare), non ci sono musiche, se si escludono i cori di preghiera degli stessi monaci, va avanti un po' a caso tentando di illustrare la vita dei protagonisti, ma non ci riesce minimamente. Se si riesce a non morire di sonno sulle poltroncine del cinema, si esce confusi e felici (che maestro...), confusi sulla vita dei certosini, e felici di vivere da laici, o almeno da cattolici senza voti. Altamente sconsigliato.
Poi, alcuni giorni dopo, ho visto 3 film consecutivamente. Sono partito con "Le tre sepolture", di e con Tommy Lee Jones, un western atipico ma non troppo, con una splendida fotografia, caustico e venato da una profonda tristezza, incattivito contro la politica di frontiera degli USA contro las espaldas mojadas, i messicani che, attraversando il Rio Grande, tentano di entrare clandestinamente nella terra di McDonald's. Grandi atmosfere e ottime prove, oltre che dell'immenso TLJ, di Barry Pepper nei panni dell'agente di frontiera pieno di problemi. Fighissima l'attrice che interpreta la moglie insoddisfatta, January Jones. Ho proseguito con "Persona non grata" di Krzysztof Zanussi, una pantomima assurda su un anziano militante di Solidarnosc, ora ambasciatore polacco in Uruguay, sul suo dramma di fresco vedovo, e sulla sua forte amicizia con un pari grado russo, che, forse, gli ha scopato la moglie in gioventù. Si potrebbe cantarne le lodi a livello politicoestero, ma invece è solo una grossa cagata noiosissima.
Mi sono poi ripreso con "Mr. Vendetta", di Chan-wook Park, terza parte, ma primo in ordine cronologico, della sua trilogia della vendetta. Stilisticamente inferiore allo stupendo "Lady Vendetta", è forse quello dei tre che mi è piaciuto di più per il suo vigore violento, al servizio di una storia classicamente assurda, come ogni film asiatico che si rispetti, violenza però mostrata con parsimonia e in maniera funzionale, dote non da tutti, cosa che tutti gli appassionati di cinema cominciano a capire negli ultimi tempi.
Alcuni giorni dopo sono andato a vedermi "Inside Man", ultima fatica di Spike Lee. Come suggerito da alcuni articoli letti qualche giorno prima, si ha l'impressione che Spike abbia preso l'operazione in mano quando era già avviata (si è fatto il nome di almeno un altro regista per questo film), e che, nonostante questo, il piccoletto se la sia cavata, come spesso gli succede, alla grande. Storia di una rapina insolita, è girato magistralmente a livello tecnico (eccezionale la sequenza seguente all'esecuzione dell'ostaggio da parte dei rapinatori, dove il protagonista corre verso la banca palesemente su un carrello, attorniato dagli altri attori che, invece, corrono davvero) ed ha una serie impressionante di stratificazioni e di messaggi, cosa sempre più frequente negli ultimi film di Spike Lee (di certo, "La 25esima ora" non parlava solo di chi sbaglia, come "Lei mi odia" non parlava solo di rapporti uomo-donna; alla stessa maniera, "Inside Man" non parla solo di una rapina, of course). Piacevole visione.
Concludo la carrellata con una tremenda delusione. Mi sono accostato a "Sesso e filosofia", nuovo film di Mohsen Makhmalbaf, con le migliori intenzioni. Makhmalbaf, regista di film poveri e splendidi come "Viaggio a Kandahar", ma soprattutto "Il silenzio", "Pane e fiore", e anche il documentario mozzafiato "Alfabeto afgano", insieme a Kiarostami e a tutta la famiglia Makhmalbaf (http://www.makhmalbaf.com/) è riuscito a dare lustro e dignità non solo alla filmografia iraniana, ma a quella mediorientale in genere. In questo ultimo, invece, gigioneggia senza costrutto cercando di intrecciare una trama complicata unita ad una profonda riflessione sul senso dell'amore, riuscendo solo a farti un paio di coglioni grandi come una casa. Peccato.

Nella foto, January Jones

4 commenti:

calimero ha detto...

hai trovato a tuta che cercavi o e' nartra?

jumbolo ha detto...

no l'ho trovata nera, e l'ho trovata da cambiare col regalo che mi avevano fatto i miei amici per il mio compleanno, una felpa che mi stava attillata.
ho chiesto a quello del negozio se mi cerca il giubbino verde, mi fa sapere.

Anonimo ha detto...

Ale, lady vendetta è il mio film supremo dell'anno. old boy lo devo un po' digerire (ma erao ancora inebriato dal tofu sotto la neve) e mr. vendetta l'ho acquistato e messo lì a stagionare in attesa della sera perfetta.
Cosa significa tutto ciò?
Che sei un grande, pocozio!
Maurino

jumbolo ha detto...

bella mau