No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120602

Kenya/EAU aprile/maggio 2012 - 7

Le Thomson's Falls, con alcuni visitatori locali,
in divisa scolastica
Devo ammettere che una volta, quando viaggiavo, mi preparavo meglio sul luogo dove andavo, sulle cose importanti, su quello che volevo vedere. Do spesso la colpa alla mancanza di tempo, e a volte mi pare assurdo, ma alla fine, mi ritrovo a partire, avendo magari comprato il volo mesi e mesi prima, ma non avendo ben riflettuto su cosa voglio veramente vedere, non avendo ben "studiato" il posto che avrei visitato. Forse mi sono affidato fin troppo ai miei amici, ho assunto un atteggiamento forse troppo "passivo", qualsiasi cosa mi proponessero la accettavo. Ma non è andata male, anzi. Il lunedì, io e Ismail partiamo per un viaggetto di quasi tre giorni, Susy rimane a lavorare. Un'ottima maniera di impiegare i miei ultimi tre giorni in terra kenyota? Vedremo. Ci dirigiamo prima verso Nord Ovest, ancora verso Gilgil; da lì, lasciamo l'autostrada, e ci dirigiamo verso Nyahururu, famosa (senza esagerare) per le cascate di Thomson. Dopo Gilgil, ci sono almeno venti chilometri di strada infame. Una buca continua. Dev'essere un male necessario, perché Ismail si è informato piuttosto bene, su quale fosse la strada migliore. In effetti, dopo una buona mezz'ora abbondante di estrema sofferenza, la strada migliora. Parliamo, ascoltiamo radio locali. Arriviamo a Nyahururu, che come sempre mi dà l'impressione che tutto si svolga lungo la strada principale. Cerchiamo le cascate, parcheggiamo vicino ad una sorta di mercatino, una ragazza giovane mi strappa la promessa che dopo aver visto le cascate visiterò il suo shop. Si paga un biglietto, le cascate sono interessanti, ma c'è da dire che in Islanda ho visto decisamente di meglio. Ci sono alcuni personaggi vestiti da Maasai che invitano i turisti a farsi foto insieme a loro: mettono un po' tristezza, a dire il vero, ma del resto a Roma, attorno al Colosseo, ci sono dei personaggi che fanno la stessa cosa travestiti da gladiatori. Passiamo dallo shop della tipa, e siccome sono davvero troppo buono e soprattutto, troppo poco stronzo, finisco per comprare un portachiavi, pensando di darlo a mia sorella. Ismail mi dice di contrattare, contratto, ma lo pago sempre troppo caro. Ci rimettiamo in macchina e ripartiamo in direzione Nyeri. la strada è buona, è quella che collega appunto Nyeri a Nakuru, e man mano che ci si avvicina proprio a Nyeri migliora. Ismail mi spiega che questa città è il luogo natale dell'attuale presidente del Kenya, Mwai Kibaki, e siccome tutto il mondo è paese, si capiscono molte cose. A Nyeri è sepolto Baden-Powell, il fondatore dello scoutismo, nonché Amedeo di Savoia, probabilmente una delle poche figure nobili italiane dotata di una certa dignità, a scorrere la sua biografia (semplificando, potremmo dire anche che fu una delle tante vittime della grandeur di Mussolini), che volle essere seppellito insieme ai suoi soldati. A Nyeri c'è, infatti, un sacrario con le salme di parecchie centinaia di soldati italiani, concentrati lì dagli inglesi che li fecero prigionieri durante la Seconda Guerra Mondiale in Etiopia (e poi lì sepolti). L'influenza inglese, a Nyeri si nota anche solo passandovi attraverso, senza fermarsi. La zona è tra l'altro una delle più fertili e rigogliose del Kenya. Ismail mi racconta che perfino Bill Gates ha un ranch lì vicino. Nonostante tutto questo, sta passando l'ora del pranzo, ma siccome a Nyeri cambiamo ancora una volta direzione, per puntare dritti verso la nostra meta, che è Nanyuki, decidiamo di tirare dritto, e pranzare per strada, se vediamo qualcosa che ci convince. Invece, la strada passa e pian piano arriviamo alla meta che sono già le quattro del pomeriggio. Prendiamo una stanza allo Sportsman's Arms Hotel, che pare lussuoso ma in realtà avrebbe bisogno di parecchi lavoretti, tanto è vero che stentiamo a trovare la reception, perché di lavori ce ne sono un bel po' in corso. Lo stile è da tipico resort africano/coloniale. Ormai l'ora del pranzo è passata, e siamo più vicini all'ora di cena. Facciamo un giro in città, ma offre davvero poco, per cui finiamo non senza quella sorta di piacere che ti fa sentire come a casa, al locale Nakumatt, dove acquistiamo  cose dimenticate per il viaggetto, e ci fermiamo in un caffé, dove trovo un espresso sorprendentemente buono, e ci facciamo un paio d'ore buone di chiacchiere in libertà. Rientriamo in albergo che sta facendo buio, e sta iniziando a piovere (andrà avanti copiosamente per tutta la notte). Per chi non lo sapesse, siamo esattamente all'equatore. Il ristorante dello Sportsman's è segnalato dalla Lonely Planet come uno dei migliori della zona, ma devo dire che non ci impressiona particolarmente. Non è neppure così male, capiamoci. Dopo cena Ismail prova il club dell'albergo, mentre io  leggo in camera e tengo sullo sfondo qualche canale locale: i tg sono passabili, ma le fiction sono agghiaccianti. Domani, quello per cui siamo qui: l'Ol Pejeta Conservancy. Che il tempo sia clemente.

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