L'uomo autografo - di Zadie Smith (2003)
Alex Li-Tandem ha un nome che già di per sé fa ridere. E' londinese, di un sobborgo del nord chiamato Mountjoy (fittizio), è metà ebreo e meta cinese, e alla soglia dei trent'anni non ha molta voglia di crescere, di un legame serio, di tenere in ordine la casa. Di lavoro fa l'uomo autografo: commercia in autografi di personaggi famosi, e non ha troppi problemi di soldi.
Non ha molti amici, ma quelli che ha sono "suoi" da una vita: Mark Rubinfine, diventato rabbino, sempre pronto a riprenderlo perché si riavvicini alla sua religione, Adam Jacobs, un ebreo nero cresciuto con loro ma nato ad Harlem (NY), religioso a modo suo e studioso della cabala, e ultimo, ma non meno importante, Joseph Klein, conosciuto dai tre nell'episodio raccontato nel prologo, che ha influenzato Alex con la sua passione per i memorabilia. Se Joseph ha completamente perso la sua passione, ed è divenuto assicuratore, Alex ha perso il trasporto, ma ha trasformato la sua passione in un lavoro, in cui non si lascia mai prendere dall'emozione, rimane obiettivo; c'è rimasto solo un autografo per cui sente di emozionarsi, un autografo che vuole ancora con tutto se stesso, e dal quale si separerebbe a malincuore, se lo possedesse. Quello di Kitty Alexander, poco famosa ex attrice russo-italo-americana, ormai dimenticata. Alex le scrive continuamente, da anni, sistematicamente, senza nessun risultato. Un viaggio a New York, dove l'ex attrice vive ancora, mette a repentaglio la sua tormentata storia di coppia con Esther, la sorella di Adam, ma sarà il primo passo verso un probabile cambiamento.
A volte mi domando se, in fatto di libri, non sono come il Mollica televisivo: difficilmente mi capita un libro che non mi piace. Scrivendone, dopo ogni libro che termino, me ne rendo conto ancor di più. Forse c'è una spiegazione più semplice: compro spesso autori che già conosco. Ma, dico, il primo libro di questi autori sarà pur stato un rischio.
Detto questo, che tra l'altro non c'entra niente, dovreste aver capito che a me la scrittura di Zadie Smith piace molto. Questo L'uomo autografo, uscito tra il debutto Denti bianchi e Della bellezza, mi era sfuggito per qualche anno. Di recente l'ho comprato e letto. E devo dirvi che mi è piaciuto un bel po'. Leggendo alcune critiche, e addirittura dei commenti della stessa autrice sulle critiche, mi sono reso conto che la mia interpretazione è stata del tutto personale. L'autrice stessa concorda sul fatto che il protagonista sia una persona spregevole: io non l'ho trovato spregevole, solo molto pigro e molto impaurito dalla vita. Quel che conta, a mio parere, a proposito di questo libro, è che nonostante la trama, se così la vogliamo chiamare, piuttosto complessa, lunga, che si sofferma sui vari personaggi che interagiscono col protagonista, nonostante i molti riferimenti all'ebraismo, ai capitoli prima indicati dai numeri della cabala, poi da disegni zen, è al tempo stesso molto divertente (i Gesti Internazionali, ricordatevi solo questo, se lo leggerete) e molto amaro. I personaggi si ritrovano in situazioni grottesche, ma le riflessioni, le paure, le paranoie di Alex davanti alla vita sono quelle di tutti noi quando siamo in situazioni difficili. L'autrice stessa ammette che ha scritto questo libro in un periodo in cui una persona a lei cara era in pericolo di vita, e ciò si riflette decisamente su una parte del libro, quella, appunto, delle riflessioni sul senso della vita. Magari non piacerà a tutti, ma personalmente mi sono affezionato ad Alex, ed ho letto il libro voracemente.
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