Pearl Jam + My Morning Jacket, 16/9/2006, Verona, ArenaAsfalto, sempre protagonista. Amici, anche loro ci sono sempre. Il primo mi accompagna dal paesello fino a Verona, prima tappa, la sera prima. I Pearl Jam sono sottotraccia, tra le righe. Forse, sono nelle nostre confessioni, nelle nostre chiacchiere.
I got scratches, all over my armsone for each day, since I fell apartIn questo momento, mi sento così. Anch'io ho le braccia piene di graffi per lo stesso motivo. E, guarda caso, quando una volta mi chiesero quali parole di un testo dei Pearl Jam mi rappresentasse di più, risposi "quello di
Footsteps". Forse, era tutto scritto.
Risveglio dolce, dopo un buon riposo. Casa di amici, e il pomeriggio è tutta un'attesa che i più disillusi (tra i quali io) cercano di dissimulare. Facce amiche tutte intorno, il centro di Verona è bellissimo. Si sente il
soundcheck da fuori, e mi metto a pensare da quanto tempo non mi succedeva di essere fuori da un concerto così presto per sentire il soundcheck. Anni, lustri. Sembrano secoli. Suonano
Parachutes, mentre incontro e saluto un mio ex cantante col quale condividevo la passione per i PJ, che è insieme a gente del paesello che non credevo di trovare lì. Uno mi saluta, e non l'aveva mai fatto. Potenza del
Seattlesound.
And love Wish the world could glow again with love One can't see to have enough Mi interesso sempre troppo poco dei testi. Eppure, sentivo che questo era "mio". E anche se stasera non la suoneranno, poco importa. Spero lo stesso che il mondo si illumini ancora con l'amore.
Più tardi, inizia a piovere, e non ci voleva. Ci si prepara al peggio. Nel frattempo, ci si ripara sotto i portici, la gente fuori dall'Arena è sempre più numerosa. Si mangia qualcosa, per non soffrire ancora di più di quello che ci aspetta, vista l'intensità della pioggia. Poco dopo le 20, i
My Morning Jacket cominciano a suonare, è arrivata l'ora di entrare e nemmeno me ne sono accorto. Se non fosse che ci sono i PJ, rimarrei lì a sparare cazzate con gli amici. Entriamo, e compro una T-shirt preventivamente. Raggiungiamo i posti, sono buonissimi. Siamo in platea, quarta fila. Un grazie a chi ha comprato i biglietti, i MMJ continuano imperterriti a sciorinare
cliché rock. Un attimo sembrano i
Pink Floyd disimpegnati, l'attimo dopo sembrano gli
Eagles tirati fuori appena adesso dalla naftalina. Non riescono a piacermi, vorrei che la smettessero, comincio a pensare che preferirei un poco più di silenzio per continuare a scherzare con gli amici. A bocce ferme, mi appare come una mossa inconscia per dimostrare che non me ne frega un cazzo, e invece anch'io, come l'amico che non li ha mai visti
live, non vedo l'ora.
Per differenti motivi, è ovvio. Dopo il '92, il '96, il 2000, un pugno di dischi belli, ma sempre in debito, nel confronto col disco dell'
imprinting, quel
Ten di debutto, che probabilmente ha segnato uno spartiacque tra la musica rock ben fatta e quella suonata col cuore in mano, sono qui per controllare lo stato dell'arte, per osservare dei coetanei con i quali ho un po' l'impressione di aver condiviso qualcosa, non so cosa. Ognuno ha fatto la sua strada, loro hanno fatto la loro cosa, e sono diventati famosi, ma una volta eravamo uguali, divisi solo dal fatto che loro suonavano e io li stavo a sentire e a vedere davanti, a pochi metri, non c'era un palco, vestivamo con le stesse cose, condividevamo gli stessi sogni. Sui sogni, ci siamo ancora. Lo si evince dai testi: siamo ancora sulla stessa lunghezza d'onda. L'impegno c'è ancora, ed è totale e rassicurante, in questo mondo di banderuole.
How I choose to feel is how I am How I choose to feel is how I am I will not lose my faith It's an inside job today Anch'io ho scelto. Ed ho scelto, credo, correttamente, di essere quello che sono.
Ma sul palco, come sarà? Come saranno? Cerco di non pensare ad un altro artista che amavo, e che con loro ha condiviso il palco più volte. Al fatto che all'Arena ci fanno anche il
Festivalbar. Aspetto. Nel frattempo, ricomincia a piovere, e che cazzo, non posso nemmeno gridare
governo ladro, visto che l'ho anche votato questo governo.
Solo pochi minuti dopo le 21,30, ecco le note registrate dell'intro di
Ten. Ci siamo. Si comincia con
Release ed è già un segno: anche il 18 febbraio 1992, al
Sorpasso a Milano cominciarono così. La pioggia è battente, il palco è riparato ma non troppo, devono fare attenzione, ma non mi pare proprio che si risparmino.
Given To Fly, che mi fa sempre sorridere per quanto assomigli a
Going To California, per cui non può essere altro che bella,
Corduroy, World Wide Suicide, Do The Evolution, Severed Hand sono tiratissime e danno subito un tiro micidiale al concerto. Si va avanti tra rallentamenti d'atmosfera e ripartenze tostissime,
Love Boat Captain, Even Flow (immancabile, storica)
, 1/2 Full, Gone, Not For You, Grievance, Marker In The Sand, Jeremy, Wasted Reprise, alternando in questo modo pezzi di repertorio e pezzi del disco nuovo. Ed parla col pubblico usando l'italiano che è scritto su una manciata di fogli. Si preoccupa dall'incolumità di tutti, fa il ruffiano. "
Siete bellissimi quando siete bagnati". Su
Better Man parte da solo con la chitarra e il pubblico canta interamente la prima parte, lui lascia fare.
She dreams in color, she dreams in red, can't find a better man... L'emozione è corale. Il rito si sta compiendo. La pioggia ha smesso di cadere. Questo è un concerto rock, di quel rock che, vedi sopra, è suonato col cuore in mano. I Pearl Jam tengono ancora il cuore in mano.
Blood, furiosa, poi la pausa. Rientrano dopo pochissimo tempo, ed ecco
Inside Job. Diversi pezzi del nuovo disco, dal vivo fanno la sua porca figura. Siamo vicinissimi al
climax del concerto. Ed ricorda che due anni fa moriva Johnny Ramone e gli dedica
Come Back. Splendida. Non conta se Mike sbaglia l'attacco dell'assolo: sembra fatto apposta. Si alzano gli occhi al cielo, e non per vedere se c'è ancora la possibilità che piova. A ruota, la cover di
I Believe In Miracles (
Ramones, of course), e il nodo si stringe alla gola. Non riesco più a commentare con gli amici di fianco: sono commosso e sto bene così.
I believe in miraclesI believe in a better world for me and youLa pensiamo sempre allo stesso modo.
Porch (ancora il capolavoro "Ten") e
Life Wasted chiudono il primo
encore, come si dice in gergo, squassando l'aria.
Avanti.
Elderly Woman Behind The Counter In A Small Town genera ulteriore atmosfera, dopo di che un divertente siparietto vede i cinque strimpellare l'immarcescibile
My Sharona dei
Knack, cantandola come
My Verona. Discreta idea, peccato, davvero peccato che Ed non ricordi le parole; sarebbe stato grandiosa tutta dall'inizio alla fine. Un tris da brivido, però, ci aspetta:
Once, Alive (durante la quale Ed scala le gradinate dell'Arena negli spazi liberi dal pubblico, stringe mani, saluta, ripassa dal palco e fa la scivolata in una pozza d'acqua alla
Springsteen) e l'ormai loro
Rockin' In The Free World (originariamente dell'amico/mentore
Neil Young) che diventa una lunga cavalcata elettrica, così come l'originale insegna.
Si tira il fiato con l'esecuzione dell'ormai classica, in coda,
Yellow Ledbetter, dove la band, sul finale, si ritira, e lascia Mike confidenzialmente seduto sul bordo del palco a finire l'assolo portante.
La coesione è completa. La band saluta e ringrazia. Le luci sono accese già da qualche canzone, ormai non c'è intimità, o meglio, l'intimità è di tutti i presenti, fans e band compresi. Un tutt'uno.
Questi coetanei, questi potenziali amici, sono sempre in piedi, e ci stanno benissimo.
They're still alive! Affrontano il palco con grinta, danno il massimo, non hanno niente da invidiare alle band di ragazzini, anzi, uniscono il mestiere al massimo impegno e all'esperienza.
Ma, quello che più si nota, e che non è così scontato, pensateci, è che si divertono a suonare dal vivo per la gente che li ama. Ancora adesso.
Non si può davvero chiedere di più. Solo, parafrasandoli una volta in più,
there must be an open door, for you to come back.A presto, ragazzi.
Un amico
Photo: Filo by Suevele
Thanks to: Nick