Habitación en Roma – di Julio Medem (2010)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: forbicine abbestia
Roma, notte d’estate. Due donne, molto diverse tra di loro, si aggirano parlando in inglese per i vicoli del centro. Alba è spagnola, piccola, mascolina ma con un bel fisico asciutto ed un taglio di capelli sbarazzino. Natasha è russa, alta, bionda, pelle di porcellana, bella come le russe sanno essere. Si sono conosciute da poco, forse in un bar. Alba invita Natasha a salire in camera sua: è alloggiata in un bell’albergo del centro. Natasha sale, ma non è convinta di quello che sta facendo, e dopo qualche resistenza, se ne va. Ma lascia il cellulare in camera di Alba, chissà quanto sbadatamente…
Ultimo, per il momento, film del regista basco, conosciuto in Italia soprattutto per Lucía y el sexo, ma autore di altre opere interessanti, quali Gli amanti del Circolo Polare ed il debutto Vacas, questo Habitación en Roma, non uscito in Italia (nonostante l’ambientazione, e la partecipazione, seppur minima, di Enrico Lo Verso – è Max, il portiere di notte dell’albergo di Alba -) è, in pratica, la libera rilettura di En la cama di Matías Bize; così come negli ultimi suoi film (Caótica Ana, oltre che Lucía y el sexo), Medem coniuga la storia interamente al femminile, regalandoci un film altamente pruriginoso con scene lesbiche piuttosto bollenti, anche se la protagonista russa è, in teoria, eterosessuale, a differenza di Alba, che ha uno stabile rapporto con una donna.
I dialoghi sono più ricercati di quelli dell’originale cileno, aspirano ad un respiro quasi filosofico, e, non si sa quanto involontariamente, omaggiano l’Italia, e Roma in particolare, "incolpando" proprio la location delle elucubrazioni spiritual-filosofiche delle protagoniste.
Nonostante la noia sia dietro l’angolo, con una storia del genere, Medem utilizza degli stratagemmi interessanti per “movimentare” il tutto, e alla fine il film si lascia vedere, regalando, oltre alle bellezze davvero intense di Elena Anaya (che abbiamo già visto in diversi film spagnoli, e che aspettiamo nell’imminente nuovo Almodóvar La piel que habito) e di Natasha Yarovenko (ucraina ma che ormai da oltre 10 anni vive e lavora in Spagna), brave entrambe, diversi momenti di riflessione su quella cosa davvero strana che è l’amore.
Giudizio vernacolare: forbicine abbestia
Roma, notte d’estate. Due donne, molto diverse tra di loro, si aggirano parlando in inglese per i vicoli del centro. Alba è spagnola, piccola, mascolina ma con un bel fisico asciutto ed un taglio di capelli sbarazzino. Natasha è russa, alta, bionda, pelle di porcellana, bella come le russe sanno essere. Si sono conosciute da poco, forse in un bar. Alba invita Natasha a salire in camera sua: è alloggiata in un bell’albergo del centro. Natasha sale, ma non è convinta di quello che sta facendo, e dopo qualche resistenza, se ne va. Ma lascia il cellulare in camera di Alba, chissà quanto sbadatamente…
Ultimo, per il momento, film del regista basco, conosciuto in Italia soprattutto per Lucía y el sexo, ma autore di altre opere interessanti, quali Gli amanti del Circolo Polare ed il debutto Vacas, questo Habitación en Roma, non uscito in Italia (nonostante l’ambientazione, e la partecipazione, seppur minima, di Enrico Lo Verso – è Max, il portiere di notte dell’albergo di Alba -) è, in pratica, la libera rilettura di En la cama di Matías Bize; così come negli ultimi suoi film (Caótica Ana, oltre che Lucía y el sexo), Medem coniuga la storia interamente al femminile, regalandoci un film altamente pruriginoso con scene lesbiche piuttosto bollenti, anche se la protagonista russa è, in teoria, eterosessuale, a differenza di Alba, che ha uno stabile rapporto con una donna.
I dialoghi sono più ricercati di quelli dell’originale cileno, aspirano ad un respiro quasi filosofico, e, non si sa quanto involontariamente, omaggiano l’Italia, e Roma in particolare, "incolpando" proprio la location delle elucubrazioni spiritual-filosofiche delle protagoniste.
Nonostante la noia sia dietro l’angolo, con una storia del genere, Medem utilizza degli stratagemmi interessanti per “movimentare” il tutto, e alla fine il film si lascia vedere, regalando, oltre alle bellezze davvero intense di Elena Anaya (che abbiamo già visto in diversi film spagnoli, e che aspettiamo nell’imminente nuovo Almodóvar La piel que habito) e di Natasha Yarovenko (ucraina ma che ormai da oltre 10 anni vive e lavora in Spagna), brave entrambe, diversi momenti di riflessione su quella cosa davvero strana che è l’amore.
La sensazione è che Medem debba ancora girare il suo capolavoro. Io ci spero.
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