Il ragazzo con la bicicletta – di Jean-Pierre e Luc Dardenne (2011)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: che vita dé
Belgio. Cyril ha 11 anni e vive da qualche tempo in un orfanotrofio. Il padre lo ha lasciato lì, della madre non v’è traccia. Cyril non si rassegna, non riesce a credere che il padre non lo voglia più, e la cosa lo rende simile ad un cavallo imbizzarrito. Anche quando “cavalca” la sua amata bicicletta, lo fa come se fosse sempre l’ultima volta che lo può fare. Ma la bicicletta sparisce, e lui è disperato. Un giorno, casualmente, si imbatte in Samantha, una giovane parrucchiera, che è incuriosita da quel ragazzino carico di rabbia. Quando le viene proposto di accudirlo nei fine settimana, lei accetta.
Cyril riesce a rintracciare il padre, che gli fa capire che non ne vuole sapere di lui; quasi contemporaneamente, sempre Cyril entra nel “mirino” di Wes, un orfano che viveva nello stesso istituto di Cyril, e che adesso delinque e spaccia.
Solito stile asciutto (e chi ha visto i loro film sa che “asciutto” è un eufemismo; in pratica, c'è molta sceneggiatura, e un'attenzione alla forma piuttosto ridotta, anche se ce n'è per le recitazioni) per i Dardenne, per una storia che in molti hanno notato essere, a loro modo, molto più “sentimentale” del solito. A partire, come per paradosso, dalla fine.
I film dei Dardenne non sono semplici da vedere, sono volutamente scarni, sofferenti come i loro personaggi, lenti e con dialoghi spesso poco avvincenti; scoppi di ira, rabbia, fanno da contrappunto a momenti quasi noiosi, anche in questo Il ragazzo con la bicicletta. Anche se non è il loro film migliore, quello che lascia più il segno, sono convinto che c’è ancora bisogno di storie come questa, affrontata come lo fanno i fratelli belgi. Esistono persone meschine (il padre, interpretato alla sua maniera da Jérémie Renier, uno dei feticci dei Dardenne – l’altro è Olivier Gourmet, presente come sempre -), e persone che soffrono di questa meschinità (Cyril, un nervosissimo ed efficace Thomas Doret, debuttante straordinario); queste ultime sono persone che camminano sul filo del rasoio. E’ possibile riscattarle. Il riscatto è rappresentato dall’amore e dalla testardaggine, nata quasi per caso, della parrucchiera Samantha, una persona qualunque che scopre di poter cambiare il mondo (di Cyril, ma è già qualcosa). Curioso, dopo averla vista patinatissima in Hereafter, vedere Cécile De France alle prese con questo ruolo, che pur nella sua ruvidità anche estetica, dimostra che la pasta dell’attrice c’è tutta.
Pubblicità/progresso – campagna sociale. Ce n’è bisogno? Si.
Giudizio vernacolare: che vita dé
Belgio. Cyril ha 11 anni e vive da qualche tempo in un orfanotrofio. Il padre lo ha lasciato lì, della madre non v’è traccia. Cyril non si rassegna, non riesce a credere che il padre non lo voglia più, e la cosa lo rende simile ad un cavallo imbizzarrito. Anche quando “cavalca” la sua amata bicicletta, lo fa come se fosse sempre l’ultima volta che lo può fare. Ma la bicicletta sparisce, e lui è disperato. Un giorno, casualmente, si imbatte in Samantha, una giovane parrucchiera, che è incuriosita da quel ragazzino carico di rabbia. Quando le viene proposto di accudirlo nei fine settimana, lei accetta.
Cyril riesce a rintracciare il padre, che gli fa capire che non ne vuole sapere di lui; quasi contemporaneamente, sempre Cyril entra nel “mirino” di Wes, un orfano che viveva nello stesso istituto di Cyril, e che adesso delinque e spaccia.
Solito stile asciutto (e chi ha visto i loro film sa che “asciutto” è un eufemismo; in pratica, c'è molta sceneggiatura, e un'attenzione alla forma piuttosto ridotta, anche se ce n'è per le recitazioni) per i Dardenne, per una storia che in molti hanno notato essere, a loro modo, molto più “sentimentale” del solito. A partire, come per paradosso, dalla fine.
I film dei Dardenne non sono semplici da vedere, sono volutamente scarni, sofferenti come i loro personaggi, lenti e con dialoghi spesso poco avvincenti; scoppi di ira, rabbia, fanno da contrappunto a momenti quasi noiosi, anche in questo Il ragazzo con la bicicletta. Anche se non è il loro film migliore, quello che lascia più il segno, sono convinto che c’è ancora bisogno di storie come questa, affrontata come lo fanno i fratelli belgi. Esistono persone meschine (il padre, interpretato alla sua maniera da Jérémie Renier, uno dei feticci dei Dardenne – l’altro è Olivier Gourmet, presente come sempre -), e persone che soffrono di questa meschinità (Cyril, un nervosissimo ed efficace Thomas Doret, debuttante straordinario); queste ultime sono persone che camminano sul filo del rasoio. E’ possibile riscattarle. Il riscatto è rappresentato dall’amore e dalla testardaggine, nata quasi per caso, della parrucchiera Samantha, una persona qualunque che scopre di poter cambiare il mondo (di Cyril, ma è già qualcosa). Curioso, dopo averla vista patinatissima in Hereafter, vedere Cécile De France alle prese con questo ruolo, che pur nella sua ruvidità anche estetica, dimostra che la pasta dell’attrice c’è tutta.
Pubblicità/progresso – campagna sociale. Ce n’è bisogno? Si.
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