Lourdes - di Jessica Hausner 2010
Giudizio sintetico: da vedere (3,5/5)
Giudizio vernacolare: ti stiaffa davanti alla reartà
Christine è una giovane donna che ha la sclerosi a placche, ed è costretta sulla sedia a rotelle. Pur non essendo una persona con una grande fede, decide di recarsi a Lourdes, ovviamente con un viaggio organizzato, senza grandi speranze, ma piena di curiosità come sempre.
Sembra una presa in giro, ma Christine è una ragazza piena di vita, intelligente, non bella ma interessante.
Durante il "soggiorno", meglio, il pellegrinaggio, è l'infermiera Maria che si occupa di lei, supervisionata da Cécile. Le due sono l'opposto: la prima giovane e "svolazzante", impegnata a flirtare con i cavalieri dell'ordine di Malta, la seconda concentrata sul lavoro, severa, fredda e fin troppo seria.
Christine si guarda attentamente intorno, osserva le altre persone, soprattutto quelle piene di fede e di speranza: la speranza di un miracolo, per se stessi o per i propri cari. E tutto con occhi curiosi, ma quasi distaccati. Ed ecco che, quasi come per gioco, comincia ad imitarli, a fare tutto quello che "si deve fare" per ricevere una grazia.
E, infatti...
Vincitore di alcuni premi collaterali a Venezia lo scorso anno, e di un altro paio di Festival europei, il terzo film dell'austriaca Jessica Hausner si occupa non tanto di fede, tanto di quello che c'è intorno, a conti fatti senza dare giudizi netti e senza prendere posizione, seppure si dichiari atea. Lourdes è un film talmente freddo, controllato e attento a "come si muove", al punto che ha messo in confusione perfino i cattolici "ortodossi" (questo è solo un piccolo esempio) e particolarmente ottusi. Ovvio che dovesse essere attento, principalmente per poter avere i permessi per girare nei luoghi considerati sacri dalla Chiesa; ma è evidente che la scelta dell'asetticità è voluta dalla regista al di là di questo.
Con le sue riprese a camera fissa, fin dalla scena d'apertura, mette immediatamente in chiaro da quali parti ci troviamo, e a quale tipo di film assisteremo; la quasi completa assenza di musica, la direzione degli attori rigorosa, i movimenti attenti e, ancora una volta, controllati, la sceneggiatura snella, essenziale, ma calibrata quanto basta, fanno si che si aprano una sterminata serie di interrogativi, e non solo quelli suggeriti dai personaggi dello stesso film.
Gli estremi che la regista presenta sono assolutamente rispondenti a uno spaccato umano reale. La frivolezza superficiale di Maria in contrapposizione alla voglia di vivere repressa di Christine; le reazioni di tutti quanti di fronte alla guarigione; le barzellette sulla Madonna. Ultimo ma non meno importante, la mercificazione della fede, il supermercato della religione, la sovversione letterale del primo comandamento (...non ti farai idolo né immagine...non ti prostrerai davanti a quelle cose...).
Regia quindi scrupolosa, rigida perchè funzionale a ciò che vuole descrivere, recitazioni altrettanto diligenti (risalta, ovviamente, la protagonista impersonata da Sylvie Testud, che avevamo visto nella bella parte di Momone ne La vie en rose, ma anche la algida interpretazione di Cécile da parte di Elina Lowensohn, la caratterista rumena dalla filmografia sterminata, musa di Hal Hartley - con lui in Amateur, Uomini semplici, Flirt, Fay Grim - ), fotografia misurata, per un film di certo non facile da vedere ma che, con rigore, ci invita a riflettere e soprattutto a prendere le cose con equilibrio e razionalità.
Tutte, a costo di sembrare paradossale, anche la fede.
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