La quarta parte è stata pubblicata ieri
Il ciclo a emissioni zero
Scendendo dalla collina, ci siamo diretti verso la cittadina di Ballen. Lì ci siamo fermati davanti a un capannone rosso. Dentro, accatastate contro le pareti metalliche, c’erano delle enormi balle di paglia. Hermansen ci ha spiegato che si trattava di un impianto di riscaldamento del distretto progettato per funzionare a biomassa. Ogni balla equivale a 200 litri di petrolio. Vengono messe in una caldaia, che riscalda l’acqua a 158 gradi. Poi l’acqua bollente è trasportata da un impianto
sotterraneo nelle 260 case di Ballen e della vicina Brundby, dove può essere usata per il riscaldamento e per produrre acqua calda. A Samsø ci sono altri due impianti che bruciano paglia, a Tranebjerg e a Onsbjerg, mentre a Nordby ce n’è uno che brucia legna. Quando siamo andati a visitarla, la centrale di Nordby era piena di quello che sembrava concime. Alle sue spalle si stendeva un campo coperto di pannelli solari, che forniscono altra acqua calda quando c’è il sole. Tra i pannelli pascolavano alcune pecore dal muso nero. I giapponesi hanno tirato fuori le macchine fotografiche e le pecore hanno cominciato ad annusarli con aria speranzosa.
Naturalmente, bruciando paglia e legno si produce anidride carbonica come quando si bruciano combustibili fossili. La differenza importante è che, mentre i combustibili fossili emettono carbonio che altrimenti rimarrebbe sequestrato, la biomassa emette carbonio che entrerebbe comunque nell’atmosfera attraverso la decomposizione. Se la biomassa ricresce, l’anidride carbonica emessa dalla sua combustione viene riassorbita, il che signiica che il ciclo è, o almeno può diventare, a emissioni zero. La legna usata nella centrale di Nordby proviene da alberi caduti che altrimenti marcirebbero. La paglia dell’impianto di Ballen-Brundby è costituita essenzialmente da steli di grano che prima venivano bruciati nei campi. Nel complesso, le centrali a biomassa impediscono l’emissione di circa 2.700 tonnellate di anidride carbonica all’anno.
Oltre alla biomassa, Samsø sta sperimentando su scala più ridotta anche i biocarburanti: alcuni agricoltori hanno modificato le loro auto e i trattori per poter usare l’olio di colza. Ci siamo fermati da uno di loro, che coltiva lui stesso i semi, spreme l’olio e usa la polpa che rimane come mangime per le mucche. Non siamo riusciti a trovare il padrone di casa, così Hermansen ha avviato la pressa da solo. Ha infilato un dito sotto il beccuccio e se l’è messo in bocca. “È un olio molto buono”, ha detto. “Va bene sia per la macchina sia per condire l’insalata”. Finito il giro, siamo tornati nell’ufficio di Hermansen, in un palazzo chiamato Energiakademi. L’accademia, che sembra la versione Bauhaus di un granaio, è coperta di celle fotovoltaiche e isolata con carta di giornale pressata. Dovrebbe diventare una sorta di museo interattivo, ma quando l’ho visitato era stato inaugurato da poco e le sale erano quasi tutte vuote. C’era solo un gruppetto di studenti delle superiori inginocchiati per terra, che cercavano di costruire una turbina in miniatura.
sotterraneo nelle 260 case di Ballen e della vicina Brundby, dove può essere usata per il riscaldamento e per produrre acqua calda. A Samsø ci sono altri due impianti che bruciano paglia, a Tranebjerg e a Onsbjerg, mentre a Nordby ce n’è uno che brucia legna. Quando siamo andati a visitarla, la centrale di Nordby era piena di quello che sembrava concime. Alle sue spalle si stendeva un campo coperto di pannelli solari, che forniscono altra acqua calda quando c’è il sole. Tra i pannelli pascolavano alcune pecore dal muso nero. I giapponesi hanno tirato fuori le macchine fotografiche e le pecore hanno cominciato ad annusarli con aria speranzosa.
Naturalmente, bruciando paglia e legno si produce anidride carbonica come quando si bruciano combustibili fossili. La differenza importante è che, mentre i combustibili fossili emettono carbonio che altrimenti rimarrebbe sequestrato, la biomassa emette carbonio che entrerebbe comunque nell’atmosfera attraverso la decomposizione. Se la biomassa ricresce, l’anidride carbonica emessa dalla sua combustione viene riassorbita, il che signiica che il ciclo è, o almeno può diventare, a emissioni zero. La legna usata nella centrale di Nordby proviene da alberi caduti che altrimenti marcirebbero. La paglia dell’impianto di Ballen-Brundby è costituita essenzialmente da steli di grano che prima venivano bruciati nei campi. Nel complesso, le centrali a biomassa impediscono l’emissione di circa 2.700 tonnellate di anidride carbonica all’anno.
Oltre alla biomassa, Samsø sta sperimentando su scala più ridotta anche i biocarburanti: alcuni agricoltori hanno modificato le loro auto e i trattori per poter usare l’olio di colza. Ci siamo fermati da uno di loro, che coltiva lui stesso i semi, spreme l’olio e usa la polpa che rimane come mangime per le mucche. Non siamo riusciti a trovare il padrone di casa, così Hermansen ha avviato la pressa da solo. Ha infilato un dito sotto il beccuccio e se l’è messo in bocca. “È un olio molto buono”, ha detto. “Va bene sia per la macchina sia per condire l’insalata”. Finito il giro, siamo tornati nell’ufficio di Hermansen, in un palazzo chiamato Energiakademi. L’accademia, che sembra la versione Bauhaus di un granaio, è coperta di celle fotovoltaiche e isolata con carta di giornale pressata. Dovrebbe diventare una sorta di museo interattivo, ma quando l’ho visitato era stato inaugurato da poco e le sale erano quasi tutte vuote. C’era solo un gruppetto di studenti delle superiori inginocchiati per terra, che cercavano di costruire una turbina in miniatura.
continua martedì 2 gennaio 2009
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