La prima parte è stata pubblicata ieri
Era il mese di febbraio. In marzo, Nojoud prese una decisione: avrebbe parlato con i suoi genitori. Chiese al marito, per favore, di farglieli rivedere. Anche solo per qualche giorno. Riuscì a convincerlo e a farsi portare a Sana'a. Lì, superando la vergogna, raccontò e chiese aiuto. Invano. Ora che tutto è finito, dal suo cuscino Ali Mohammed interrompe il racconto della figlia e prova a giustificarsi: "Se avessi disonorato la famiglia chiedendo il divorzio per lei, i miei cugini mi avrebbero ucciso. E poi, avevo accettato l'offerta di Faez Ali Thamer per proteggerla. Mona, un'altra mia figlia, è stata cresciuta da un uomo che l'ha rapita. Non volevo che a Nojoud succedesse la stessa cosa". Shoya, la madre di Nojoud, piange. "Ci aveva promesso che non l'avrebbe toccata fino a quando non fosse cresciuta". Già, perché la legge, in Yemen, proibisce le unioni sotto i quindici anni. Ma un emendamento, approvato nel 1999, consente i matrimoni prima di quell'età, tanto frequenti in un Paese condizionato dalla tradizione tribale e dove ci si appella alla vita del profeta Maometto, che sposò Aisha quando lei aveva nove anni. A genitori spesso poveri, inoltre, la dote serve presto. Appena possibile. L'emendamento approvato, però, stabilisce al tempo stesso che il matrimonio anticipato non debba essere consumato prima della pubertà della sposa. In realtà, i mariti che rispettano l'attesa sono ben pochi. E Faez non fece eccezione. Mentre parlare con i propri genitori per Nojoud fu inutile. Ma il consiglio giusto arrivò da un'altra componente della famiglia. "Vai in tribunale, fatti sentire", le disse, di nascosto, Dowla, la seconda moglie di suo padre. Così lei si fece forza e la mattina dopo uscì di casa con in tasca i soldi di sua madre e l'incarico di andare a comprare il pane. Invece, salì sull'autobus diretto in centro, scese, chiese indicazioni ai passanti. Finché trovò il palazzo giusto. Era ormai l'ora di pranzo, quando il giudice Ghazi Abdo, passando in un corridoio vuoto, vide quella bambina avvolta in un velo nero seduta su una panca. Tutta sola. Che faceva lì? "Voglio il mio divorzio", spiegò lei. E così avvenne che il magistrato, ascoltata la storia, firmò due ordini di arresto, per il padre e per il marito. Poi la portò a casa propria, affidandola alle cure della moglie finché non si fosse trovata una soluzione migliore. Da quel momento, di Nojoud si è occupata, gratuitamente, l'avvocata Shatha Nasser, esperta in questioni femminili e violazioni dei diritti umani. Perché si trattava della prima richiesta di divorzio presentata da una bambina in Yemen. Un caso difficile. Ma l'avvocata ha convocato associazioni di donne e stampa e l'udienza si è svolta sotto gli occhi dell'opinione pubblica, anche internazionale. Così Nojoud ha vinto, anche se suo marito è stato prosciolto e ha ricevuto un rimborso per la dote versata ai genitori: mille riad (circa 316 euro) che la famiglia al-Ahdel non aveva. Li ha raccolti con una colletta lo Yemen Times. Altri casi sono arrivati poi in tribunale. Negli ultimi mesi due bambine, di nove e dodici anni, hanno potuto divorziare. Husnia al-Kadri, direttrice del centro studi Donne e sviluppo dell'università di Sana'a, denuncia da anni l'abuso delle spose bambine, senza risultati. Ora ha più speranze: "Quel processo ha sfondato una porta che era ancora chiusa". Nojoud è uscita dall'aula chiedendo una cosa sola: "Torta al cioccolato". Poi si è messa a ridere: "Chi se lo immaginava che diventavo famosa?". Adesso ha ripreso a studiare. Sta anche ricevendo contributi di donatori europei che hanno deciso di finanziare la sua educazione. E ha i suoi programmi. Li ripete seduta su quei cuscini, accanto ai genitori: "Da grande farò l'avvocata. Adesso però voglio avere nuove amiche, disegnare, imparare a contare fino a un milione. Tornare a essere come prima". Quanto all'idea di un altro marito, magari all'età giusta, per amore, la risposta, per il momento, può essere una sola: "Risposarmi? Mai".
continua domani
Nessun commento:
Posta un commento