Da D la Repubblica delle donne, nr. 622
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Il marito della bambina
YEMEN
Nojoud ha dieci anni, ma ha trovato la forza di chiedere il divorzio e l'ha ottenuto. Racconta: "Lui mi picchiava. E faceva cose brutte". Altre la stanno imitando. Nel mondo, le minori costrette a essere mogli sono 60 milioni
di Delphine Minoui
"Voleva che dormissimo nello stesso letto. Così ha iniziato a picchiarmi". La vita di Nojoud Ali al-Ahdel è cambiata quel giorno. A dieci anni, in un villaggio del Nord dello Yemen. Lontanissimo da Sana'a, dalla casa dei genitori. Sola e prigioniera di un uomo con tre volte la sua età: suo marito. Dopo tre mesi, Nojoud è riuscita a divorziare. Un caso eccezionale. E un incoraggiamento per le altre spose bambine yemenite: una su due, dicono le statistiche, viene data in moglie ancora minorenne. Per migliaia di loro, il matrimonio arriva fra gli otto e i dodici anni. "Ora che ho vinto voglio studiare e diventare avvocata come Shatha Nasser, che mi ha difesa. Voglio aiutare le altre". Nojoud è seduta sui cuscini posati in terra, unico arredo di una delle due stanze della casa di famiglia. Quartiere di Dares, in fondo a un viottolo in terra battuta. Come tanti altri abitanti della campagna, anche suo padre e le sue due mogli, più i loro sedici figli, sono arrivati nella capitale cercando lavoro e una vita migliori, ma si sono ritrovati con tanta povertà e nessuna sicurezza. Seduta su quei cuscini, accanto al padre e alla madre, Nojoud inizia il racconto dal giorno delle nozze. "Fu una gran festa, mi regalarono tre vestiti, due gialli e uno marrone. Erano molto belli". Se le chiedi cosa desiderava, prima del matrimonio, confessa di aver avuto in mente altro: "Un televisore. E poi, una cosa particolare. Somigliare a una tartaruga, per lasciarmi scivolare in acqua: non sono mai stata al mare, io". Di cosa significhi sposarsi, Nojoud sapeva solo due cose: sarebbero arrivati tanti regali e si sarebbe trasferita in una casa nuova. Faez Ali Thamer, il marito trentenne, era stato scelto da suo padre Ali Mohammad al-Adhel anche perché veniva dalla loro stessa vallata, Wadi La'a, nella provincia di Hajja. Il giorno dopo la festa, l'uomo e la bambina erano in viaggio, diretti al villaggio di Khardij. A dieci ore da Sana'a e da Dares, c'era la nuova casa. "Mi fece vedere la stanza, con una stuoia in terra. Poi disse che voleva dormire nel letto con me. Rifiutai. Cominciai a correre in giro per le altre stanze. Ma infine mi prese. Poi, mi fece delle cose sporche, brutte". Era la prima notte. Nojoud riflette: "All'inizio provavo vergogna a parlarne, ora non più". Prosegue nel racconto: "Ogni sera, si ripeteva la stessa scena. Non appena tornava dal lavoro, ricominciava. Piangevo, lo imploravo di lasciarmi in pace. La terza sera prese un bastone. Da quel giorno in poi furono botte, sempre. Ogni volta urlavo. Ma nessuno venne mai a vedere se avevo bisogno d'aiuto". In quelle settimane Nojoud imparò nuove regole: niente scuola, niente passeggiate, niente giochi in cortile. L'obbligo di coprirsi con il velo quando arrivava qualcuno in visita. E i lavori di casa, cucinare, lavare, cucire, per non pensare alla notte prima e a quella successiva. Di giorno Faez non c'era, ma sua madre sì. E anche lei era pronta a picchiarla. Con qualsiasi scusa.
continua domani
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