No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20120612

cosmopolitan

Cosmopolis - di David Cronenberg (2012)


Giudizio sintetico: si può vedere ma anche no (2,5/5)
Giudizio vernacolare: ma 'r firme vando comincia?

New York. Eric Packer è un ventottene miliardario. Annoiato dalle riunioni classiche, indifferente agli avvertimenti del capo della sua sicurezza personale, il prestante Torval, decide che vuole attraversare Manhattan per andare a "rifarsi il taglio" da Anthony, il barbiere del padre. Forte della sua limousine blindata, affronta questo viaggio che diviene un'odissea, incontrandosi con i suoi consulenti, spostando capitali e disegnando strategie, con la sua amante, con la sua giovanissima moglie, piena di soldi più di lui, fendendo una durissima protesta no global, filosofeggiando, uscendo di testa, e finendo, come si suol dire, in bocca alla sua nemesi.

Dopo un paio di settimane, è tempo di prendersi le proprie responsabilità. Con la morte nel cuore, sono qui a parlarvi, male, per la seconda volta consecutiva, di un film del regista canadese, che ho sempre considerato genialoide, uno che ha sempre osato. E sicuramente anche questo film è un lavoro coraggioso: è, infatti, la trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Don DeLillo.
Il film, a me, non è piaciuto per nulla. Diciamo che non l'ho compreso. Anche se, mi son detto, se David voleva regalarci una metafora anti-capitalista, ok, abbiamo capito, grazie, ma diobono che palle! Che poi, quando un film ti prende male, non c'è niente da fare: anche gli esterni (pochi, a dire il vero) palesemente finti, tipici di Cronenberg, diventano fastidiosi, quando in altri film, decisamente migliori, avevano il suo perché pseudo-claustrofobico. E non bastano Juliette Binoche (Didi Fancher), sempre piacevole, Samantha Morton (Vija Kinsky), Jay Baruchel (Shiner), e l'allucinata ma bella Sarah Gadon (Elise Shifrin), che avevamo già notato, sempre con Cronenberg, nei panni fastidiosissimi di Emma Jung in A Dangerous Method. Protagonista (questa si, una scelta davvero coraggiosa, e rischiosa) Robert Pattinson, che oltre a conservare il pallore del vampiro di Twilight, risulta (per rimanere in tema di bianco) ingessato, ancora ben lontano dall'essere un attore. E sono piuttosto impietosi i confronti. Uno, prolungato, anche relativamente intenso, un po' la summa del film, con il sempre immenso Paul Giamatti (Benno Levin). L'altro, breve ma rivelatorio, con Mathieu Amalric (Andre Petrescu): quando la scena con i due finisce, ti ritrovi a dire a te stesso: "cazzo, questo si che è un attore".
E insomma, spiace un po' mettersi contro molti che hanno apprezzato il film, e soprattutto contro David Cronenberg, ma a mio parere, i suoi grandi film erano un'altra cosa.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Perfettamente in accordo con te soprattutto nella frase "ma diobono che palle" riferita all'ultima parte del film. Il mio pensiero era "Cazzo, spara, almeno usciamo da 'sto cinema!!!" e poi alla fine nemmeno si sa se spara o no! Poi tutta questa metafora sulla prostata asimmetrica, come si dice a Roma "ma che davero??". Niente a che vedere con The history of violence. Non mi è piaciuto. Si è capito? Non ci andate!!!
Ciao
Miki :)

jumbolo ha detto...

:)