La fine dei vent'anni - Motta (2016)
Vi racconto come ci sono arrivato. Sento nominare questo Motta. Come spesso faccio, quando c'è troppo hype, aspetto che scemi, per poi ascoltare e giudicare con obiettività. Mi dicono che questo Motta sarebbe pisano, e che apparterrebbe al "giro" degli Zen Circus; potrebbe starmi antipatico. Un giorno per caso, ascolto Radio24 e sento che, invece, è nato a Livorno. Scherzando, comunico agli amici che sto cambiando idea. Nel corso dell'intervista, dichiara che Livorno non è importante per lui, sono molto più importanti Roma, dove si è trasferito da alcuni anni, e Pisa, dove è cresciuto. Il suo modo di parlare, però, lo tradisce. In realtà, queste cose sono importanti fino ad un certo punto.
Alla fine, guardo qualche video, ed ascolto il disco. Più volte, come fanno quelli bravi.
Ora, a parte l'attitudine finta trasandata, e la vaga somiglianza (fortunatamente è leggermente più carino) con Richard Ashcroft (forse non ve l'ho mai raccontato, ma moltissimi anni fa vidi un concerto degli Smashing Pumpkins, quando ancora non erano molto famosi, ad una Festa de L'Unità, sotto il palco per vedere bene D'arcy, e per loro aprivano i Verve, sconosciutissimi. Bene, Ashcroft da vicino fa proprio paura da quanto è brutto), si capisce che Francesco Motta ci sa fare, con la musica e con le parole. Il disco è interessante, non quel capolavoro che viene descritto da praticamente tutti, e son curioso di vedere cosa riuscirà a fare nel prossimo futuro.
I testi sono impregnati di questo fatalismo dei 20/30enni, che noi cinquantenni, diciamolo molto onestamente, non comprendiamo più, e che a volte comincia pure a starci sui coglioni, e sono in parte apprezzabili, in parte incomprensibili (sfido chiunque a capire che Sei bella davvero parla di una trans, come ha dichiarato l'autore in un'intervista); ma si sa, è quell'incomprensibile che viene descritto come intelligente, da chi non si sogna di dire che hanno poco senso. La musica è ben fatta, si sente che oltre a Motta, ci hanno messo le mani persone che ne sanno. Moderno, molto pop, con qualche venatura alternativa, che riesce a renderlo appetibile ad un pubblico ampio, ma pure alla cosiddetta critica. Così come i Criminal Jokers (la band pisana dove Motta nasce e cresce musicalmente) debbono molto agli Zen Circus (forse il pezzo più Criminal Jokers del disco è Roma stasera, vagamente new wave), Motta ingloba influenze disparate: Manu Chao (Sei bella davvero, Mio padre era un comunista, ma davvero tutto il disco è permeato di atmosfere che lo richiamano, anche se l'approccio, il cantato e l'atmosfera è molto diversa), Le luci della centrale elettrica (il modo di cantare, spesso, Abbiamo vinto un'altra guerra, La fine dei vent'anni), Tiromancino (Sinigallia e la moglie sono stretti collaboratori di Motta, produttore e co-autore lui, musicista lei, Prima o poi ci passerà), Afterhours (Se continuiamo a correre), tribalismo alla Tinariwen (Prenditi quello che vuoi), un po' di Rino Gaetano. Collaborazioni interessanti (Petulicchio dei Bud Spencer Blues Explosion, Canali alla chitarra in un paio di brani, Alosi dei Pan del Diavolo co-autore e co-voce su Se continuiamo a correre), per un disco interessante, che come detto, mette curiosità per il futuro.
Listening "La fine dei vent'anni", we can certainly understand that Francesco Motta knows what he do, with music and lyrics. The album is interesting, not the masterpiece that is described by almost everyone, and I am curious to see what will be able to do in the near future.
The texts are imbued with this fatalism of the twenty-thirty something, that we, as fifty years old, let's say very honestly, no longer understand, and that sometimes even begins to be a pain in our asses, are partly appreciable, partly incomprehensible (I challenge anyone to understand that "Sei bella davvero" really talks about a tranny, as stated by the author in an interview); but you know, it is that incomprehensible that often is described how smart, from who does not dare of saying that they have little sense. The music is well made, you can heard that in addition to Motta, they put their hands people who know. Modern, very pop, with some veining alternative, it can be palatable to a wider audience, but also the so-called critical. As well as the Criminal Jokers (Pisan band where Motta was born and grew musically) owe much to the Zen Circus (perhaps the more Criminal Jokers oriented track is "Roma stasera", vaguely New Wave), Motta incorporates disparate influences: Manu Chao ("Sei bella davvero", "Mio padre era un comunista", but really the whole album is permeated with atmospheres that recall him, although the approach, the vocals and the atmosphere is very different), Le luci della centrale elettrica (how he sing, often, "Abbiamo vinto un'altra guerra", "La fine dei vent'anni"), Tiromancino (Sinigallia and his wife are close associates of Motta, producer and co-author him, musician her, "Prima o poi ci passerà"), Afterhours ("Se continuiamo a correre"), tribalism as Tinariwen ("Prenditi quello che vuoi"), a little of Rino Gaetano. Interesting collaborations (Petulicchio of Bud Spencer Blues Explosion, Canali on guitar in a couple of songs, Alosi of Pan del Diavolo, is co-author and co-singer on "Se continuiamo a correre"), for an interesting album, which as mentioned, that leaves curiosity on his future.
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