No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20051218
L'enfant - di Jean-Pierre e Luc Dardenne
L’enfant – Una storia d’amore – di Jean-Pierre e Luc Dardenne 2005
Bruno ha circa vent’anni, ha pochissimi rapporti con la madre, padre inesistente, vive in strada, dorme sotto un ponte, non lavora e non cerca neppure un lavoro, perché “lavorare è roba da coglioni”. Va avanti chiedendo l’elemosina e, soprattutto, rubando, insieme anche a un paio di ragazzini che hanno poco più di dieci anni, che “lavorano” per lui.
Sonia, la sua ragazza, diciotto anni, esce dall’ospedale, dove ha partorito Jimmy, concepito insieme a Bruno. Torna nella sua casa e la trova occupata da una coppia di conoscenti: nonostante sia di proprietà di Sonia, a loro l’ha affittata Bruno per una settimana. Questa “piccolezza” non basta per far riflettere la ragazza, quindi la loro storia riprende come se niente fosse, ma Sonia è attaccatissima a Jimmy, anche se è palesemente inadeguata a crescerlo, mentre Bruno non ne pare particolarmente entusiasta. Indifferente, impermeabile a qualsiasi cosa accada, Bruno accoglie la notizia, avuta da una ricettatrice di sua conoscenza, che ci sono persone disposte a pagare per i neonati, senza battere ciglio, apparentemente disinteressato all’argomento; ma, non appena se ne presenta l’occasione, mentre Sonia è in fila per il sussidio e lui rimane con Jimmy in giro per una passeggiata, vende il bambino. Quando Sonia lo rivede e gli chiede del bambino, Bruno gli comunica l’accaduto come si ordinerebbe un caffè. La ragazza si sente male, e in ospedale denuncia Bruno, che nel frattempo, preoccupato più della polizia che dei sentimenti di Sonia, si affretta a recuperare Jimmy. Il rapporto tra i due si incrina, e la polizia si insospettisce; inoltre, i malviventi che stavano facendo da tramite nell’adozione illegale, pretendono soldi da Bruno, sostenendo di averceli rimessi quando lui ha rivoluto il bambino.
Definire il cinema dei Dardenne cinema verità è quasi limitante. Dal punto di vista della messa in scena, nessuno più di loro riesce a far risultare spontanea una recitazione, o a far sembrare quello che si vede sullo schermo davvero reale. Provare per credere: “La promessa”, “Rosetta”, “Il figlio” e questo “L’enfant”, ti fanno sentire in strada, ti fanno venire freddo quando vedi Bruno che si corica sotto i cartoni di notte. La sequenza dello scippo, dell’inseguimento susseguente, e di Bruno e il suo complice che, per far perdere le loro tracce, si immergono nel fiume gelato è impressionante. Come detto prima, dire che “sembra vero” è limitante.
Per chi conosce la loro filmografia (citata prima), la sensazione di trovarsi dentro alla realtà odierna, una realtà “borderline”, tutta ai margini della società, che manca di punti di riferimento, di istruzione, di giusti valori, è acuita dall’impiego nella parte del protagonista di Jérémie Rénier, già protagonista, fanciullo, del loro “La promessa”: adesso, cresciuto, e passato anche attraverso un’esperienza importante come attore (ha lavorato, nel frattempo, con Ozon, Gans e Bonello), sembra parte di un’unica storia che i fratelli ci vogliono raccontare. Una faccia incredibile, anzi, molto credibile, assolutamente perfetta per la parte. Brufoli compresi.
Si rivedono anche altri attori già “usati” dai Dardenne (Rongione, Gourmet), e questa è la coincidenza meno importante che li lega agli altri due registi “sinistrorsi” europei, Ken Loach e Robert Guédiguian; l’altra coincidenza sono i temi sociali, l’esplorazione del sottobosco di miseria creato dalla globalizzazione e dal capitalismo selvaggio, partendo da storie apparentemente semplici, e spietate, di emarginazione.
E’ bene dire che, nonostante la Palma d’oro a Cannes, questo non è sicuramente il loro miglior film; ma chi va al cinema per pensare, per capire e per emozionarsi, non può esimersi dalla sua visione.
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