No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060516

sesso (poco) e violenza (molta)


Due film visti uno di seguito all’altro, con tematiche avvicinabili, come recita il titolo. Uno mi è piaciuto, l’altro non molto. Quello che mi è piaciuto, ha la locandina qui a fianco.

Bittersweet Life, del regista coreano Kim Jee-Woon, da noi conosciuto l’anno passato con Two Sisters, ci racconta la storia di Sun Woo, elegante e impeccabile scagnozzo del boss malavitoso Kang, che lavora con la copertura di direttore d’albergo. Sun è efficiente e diligente, inappuntabile. Il capo gli affida un compito particolare: dopo avergli rivelato di essere follemente innamorato di una ragazzina, Hee Soo, e di essere in procinto di partire per tre giorni, gli ordina di sorvegliare la ragazza, accompagnarla in giro se lo necessita; ma soprattutto, visto che Kang sospetta che Hee abbia una tresca con un ragazzo della sua età, si raccomanda di ucciderli se li coglierà in flagrante.
La tresca c’è, ma Sun non se la sente di uccidere i due. Si è forse innamorato anche lui di Hee? Si scatena così la guerra tra Kang e Sun.
Film stilisticamente e tecnicamente impeccabile, avvince nella primissima parte per poi perdersi nei meandri della spirale infinita della faida vendicativa; citazioni a più non posso, è bellissimo da vedere ma dice poco. Inoltre, a dire la verità, queste storie di gangster asiatici hanno pure rotto i coglioni.

Bubble, di Steven Soderbergh, ha fatto notizia innanzitutto perché il genietto Soderbergh ha deciso di inaugurare con questo film, una serie di sei pellicole che saranno distribuite contemporaneamente in sala, in dvd e in tv, via cavo e non, abbattendo i costi pubblicitari. Minimalissimo, girato in digitale e con attori non professionisti, è una spietata fotografia della profonda provincia USA. Martha è una ultra-quarantenne sovrappeso, col padre, vecchi e quasi infermo, a carico, e non fa altro che lavorare. Kyle è un quasi ventenne con la madre disoccupata, vive in una classica casa-roulotte e fa due lavori. I due hanno in comune il lavoro alla fabbrica di bambole, e Martha ha, nei confronti di Kyle, un ambiguo atteggiamento materno, che si esaspera quando nella fabbrica arriva Rose, una giovane ragazza madre abbastanza carina. I finti sospetti di Martha sulla falsità di Rose si rivelano fondati, esattamente una settimana dopo l’arrivo in fabbrica di Rose, e precisamente la sera nella quale i due decidono di uscire insieme. Purtroppo, Rose chiede proprio a Martha di fare la babysitter alla figlia Jesse.
Dura esattamente 73 minuti ma è pesante come un macigno, nonostante scorra meravigliosamente bene. Lo hanno paragonato a “Una storia vera” di Lynch, nelle intenzioni di dipingere la provincia americana, ma il lavoro di Soderbergh manca completamente di quel romanticismo asimmetrico tipicamente Lynchiano, e quindi non fa prigionieri. Caustico, asciutto, diretto e angosciante.
Da non perdere. Onore, ancora una volta, a Steven Soderbergh.

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