No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060514

shock the monkey


Arctic Monkeys + Milburn, 12/5/2006, Nonantola (MO), Vox Club

Era un bel po' che non entravo qua dentro. Uno dei locali più belli d'Italia, il Vox. E' rimasto figo.
Misteri del business, fuori c'è il cartello "esaurito", dentro si vendono i biglietti. Alla fine, dicono che c'erano 1800 persone. A me pare che non ci entrino dentro al Vox, ma tant'è.
Un sacco di giovani, ma ormai ci sono abituato. E un sacco di stranieri, soprattutto inglesi. Chissà da dove vengono. Uno di loro non capisce la mia maglia dei Mogwai con lo stemma scozzese, e non si spiega perchè tanti italiani amino la Scozia. La sua ragazza, scozzese, apprezza. Aprono in perfetto orario (alle 21,00, che stia cambiando qualcosa in Italia?) gli altrettanto inglesi Milburn, e non sono da buttare completamente. Un po' di chitarre reggae su un impianto piuttosto rock e piuttosto brit. Il cambio palco non è neppure tanto lungo, ma il pubblico è davvero impaziente. Io sono solo curioso, ma pronto a stupirmi, se ce ne fosse bisogno. Il disco mi piace. Ancora in perfetto orario arrivano i quattro di Sheffield, e si piazzano tranquillamente sul palco. Pubblico eccitato. Apre The View From The Afternoon e si capiscono alcune cose. Che i suoni sono ancora da mettere a punto, ma che questi bambocci ci sanno fare, e la mettono giù dura.
Sono dei bambini, e quando lo spot neutro illumina il viso del cantante/chitarrista Alex si vede chiaramente. Eppure non hanno nessun timore reverenziale. Certo, sono eccitati di essere first time in Italy, come dice lui stesso più volte, ma il palco lo tengono con un ottimo piglio, lo dominano quasi, senza strafare, non sono degli ossessi, ma sono tesi a suonar bene e a coinvolgere. E in effetti, la tecnica non gli manca: mi ricredo su quanto avevo pensato ascoltando il loro "Whatever People Say I Am, That's What I'm Not". I suoni migliorano in breve, e i pezzi si succedono senza cali di tensione; le piccole pause dell'inizio spariscono via via, Alex riempie gli spazi, dialoga, introduce i pezzi, gli altri lo seguono e lo assecondano. Dentro al Vox fa un caldo infernale, la gente si muove e il sudore è nell'aria. You Probably Couldn't See For the Lights But You Were Looking Straight At Me (ma quanto sono forti questi titoli?) è diretta e arriva subito, aumentando la temperatura, se possibile.
Dancing Shoes, manco a dirlo, è una specie di riempipista, e non mi capitava di vedere tanta gente ballare insieme dal '92 (RHCP a Milano per la prima volta), così come la più dura When The Sun Goes Down. I Bet You Look Good On The Dancefloor è tiratissima, ed eseguita in una splendida e vibrante versione: la pronuncia inglese di Alex impreziosisce il tutto. Floa fa rima con Foa. Schizzi di sudore dappertutto. Perhaps Vampires Is A Bit Strong But... è cantata dal pubblico quasi interamente: Alex si arrende e porge il microfono. From The Ritz To The Rubble è molto dura, e Fake Tales Of San Francisco è preziosa nel crescendo che precede la fine. Mardy Bum la immagino come se fosse solo per me (è la mia preferita), ed è bellissima. Sulle note dell'assolo mi immagino amoreggiare con la metà delle donne del locale, e mi sento bene.
Verso la fine, appaiono i Milburn sul palco e fanno stage-diving insieme. E' una festa, e il pubblico gradisce. Alle 23,10 è tutto finito, si sfolla.
Mi compro una splendida T-Shirt verde dei bambini Arctic Monkeys, la indosserò per andare a vedere i Tool, perchè l'apertura mentale è una piantina che va coltivata con cura, e ce n'è sempre tanto bisogno. E poi è molto bella, la maglia. Inoltre, le band che hanno qualcosa a che fare con le scimmie nel nome, non so perchè, mi stanno simpatiche.
Cantagallo ci aspetta.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

C'entrano "le nostre scimmie"?

a

Filo ha detto...

"le band che hanno qualcosa a che fare con le scimmie nel nome, non so perchè, mi stanno simpatiche"

ahahahahah.
genio.

jumbolo ha detto...

of course