Pain Is Beauty - Chelsea Wolfe (2013)
Conosciuta casualmente (e in ritardo, per cui mi cospargo umilmente il capo di cenere e proseguo solo dopo aver fatto una passeggiata in ginocchio sui ceci), ma anche per la mia insaziabile curiosità musicale (sono andato a cercarmi musica sua immediatamente dopo aver ascoltato le imitazioni di Mark Lanegan, dove appunto l'ex Screaming Trees rifaceva la di lei Flatlands, quindi poco prima che esplodesse l'hype underground che ha preceduto e poi accompagnato l'uscita di questo suo quarto disco), bisogna ammettere che la signorina di Sacramento, un po' per la sua immagine ma soprattutto per la sua musica, che di certo non è scevra da influenze (le più disparate, a dire il vero), ha il suo dannato perché. PJ Harvey, Zola Jesus, Siouxsie, una base vagamente folk sulla quale la Wolfe innesta un mood decisamente dark (ma capace di stupire con scelte impensabili, vedi la base elettronica quasi anni '80 di The Warden), una voce perennemente filtrata (in maniera quasi impercettibile, il che in definitiva non toglie niente alla sua bellezza, sia chiaro), chitarre usate in modalità drone, melodie ariose che paradossalmente creano una sensazione claustrofobica, il tutto condito, lasciatemi dire amaramente, da testi ermetici quanto basta da far capire che Pain Is Beauty è un disco dettato dal dolore della perdita, ma calato nei nostri tempi e visto da una persona che, almeno nelle sue liriche, si sente romanticamente apocalittica. "No one ever told/I showed you how to hold my hand/and kiss me slow and unending/I'll show you how to love (an endless war)" canta in We Hit a Wall, uno dei pezzi più immediati, dando l'idea di quanto dolore ci possa essere in un amore. E, credetemi, ascoltare pezzi come They'll Clap When You're Gone (veramente bellissima), o The Waves Have Come (che Jenn Pelly di Pitchfork insinua essere un racconto di un sopravvissuto al terremoto/tsunami giapponese di due anni fa), anche se, come un po' tutto il disco, possono richiedere qualche ascolto per essere apprezzati, può diventare un'esperienza catartica e travolgente.
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