The Bridge - di Meredith Stiehm e Elwood Reid - Stagione 1 (13 episodi; FX) - 2013
Una sera qualsiasi. Sul Bridge of the Americas, quello che collega USA e Messico tra El Paso, Texas e Ciudad Juàrez, Chihuahua, viene ritrovato un cadavere di una donna. E' stato messo lì esattamente nel momento in cui tutta l'illuminazione è saltata. Ed è stato posizionato con precisione al confine tra i due Stati. I due detective non discutono per l'assegnazione del caso: Marco Ruiz, quello messicano, calmo, lento e claudicante (capiremo poi perché), è ben contento di lasciare il caso a Sonya Cross, quella statunitense, metodica, quasi robotica, che ha evidentemente problemi a relazionarsi con il prossimo (capiremo poi perché), e che si trova quasi immediatamente a lamentarsi di Marco, nonostante il messicano si disinteressi al caso (lui lascia passare un'ambulanza con a bordo un anziano con problemi di cuore, mentre lei non vorrebbe contaminare la scena del crimine). All'obitorio, ci si accorge che il cadavere, che sembrava appartenere ad una giudice statunitense, in realtà, è (spoiler alert) composto da due parti di cadaveri (il busto appunto alla donna giudice, ma le gambe no), viene formata una task force incaricata di occuparsi del caso, che poco dopo assume proporzioni importanti, perché il colpevole si serve della stampa in maniera sfacciata, e coinvolge allo stesso tempo USA e Messico, non mancando mai di sottolineare che a Juàrez le donne spariscono continuamente, e niente si muove. Marco e Sonya si ritrovano quindi a lavorare fianco a fianco, formando una coppia inizialmente impensabile da mettere assieme.
Mi perdonerete se ho semplicemente copiato e incollato il riassunto usato per Bron I Broen, cambiandoci nomi dei protagonisti e nazionalità; infatti, come annunciato, dal 10 luglio al 2 ottobre è andata in onda questa The Bridge, il primo remake della serie danese/svedese. Il risultato, ve lo dico senza girarci troppo intorno, mi è piaciuto meno dell'originale. Voi penserete che c'era da aspettarselo, e io vi risponderò che ci ho pensato anch'io: trattandosi di un giallo, conoscere la trama a grandi linee sicuramente non contribuisce a renderlo più appetibile, anzi. La produzione di FX ha comunque provato a cambiare un po' le carte in tavola, soprattutto con le storylines "parallele", e approfittando di un'ambientazione che favoriva decisamente un mood truce e desolante: Ciudad Juàrez è considerata la città con il più alto tasso di criminalità al mondo, davanti a Caracas e a New Orleans, ed è famosissima in tutto il mondo per essere praticamente comandata dai narcos e per le sparizioni delle donne che lavorano alle maquiladoras (alcune cifre non ufficiali sembrerebbero indicare che sono oltre 4500 le donne scomparse dal 1993 a oggi, probabilmente almeno 1000 morte). La condizione paradossalmente diametralmente opposta delle forze dell'ordine tra due nazioni separate solo da un ponte è una delle cose più interessanti della serie: da una parte polizia, FBI e chi ne ha più ne metta, dall'altra polizia corrotta al limite dell'incredibile, addirittura più colpevole delle criminalità organizzata; e poi, coyotes, tunnel che oltrepassano la frontiera e trafficanti di droga ma anche di esseri umani che li gestiscono, un sottobosco terribile che fa sembrare le nostre vite tutto sommato "normali" dei paradisi.
Nonostante tutto ciò, avrei potuto dire "tutto questo ben di dio" ma non mi pareva il caso, anche se effettivamente, per uno sceneggiatore è un po' come avere metà del lavoro fatto, specialmente se stiamo parlando di un poliziesco, The Bridge non riesce ad andare oltre il procedurale con qualche superficiale approfondimento sulle personalità di alcuni dei protagonisti più in rilievo.
La serie è stata comunque rinnovata per una seconda stagione, e la presenza nel cast di alcuni elementi che personalmente mi piacciono, potrebbe far sperare in un colpo di reni per il meglio.
Demiàn Bichir è Marco Ruiz, abbastanza bravo (ma secondo me poteva anche dare di più) nel disegnare questo detective messicano onesto, ma incapace di tenerlo nei pantaloni, e per questo punito più volte. Bichir lo abbiamo apprezzato in Weeds, è stato un Fidel Castro quasi fotocopia dell'originale nel Che di Soderbergh, e ultimamente è stato pure candidato all'Oscar con A Better Life, un film dimenticabile. Diane Kruger è Sonya Cross, e a mio modesto parere nella seconda parte della serie "sbraga" un po', per essere impegnata in una parte che dovrebbe soffrire di una patologia ben definita. Interessante Annabeth Gish (Charlotte Millwright), vista sempre come caratterista, così come Thomas M. Wright (Steven Linder), già visto di recente in Top of the Lake, e, forse perché dotato del ruolo più istrionico, uno dei più convincenti del cast. Piacevole rivedere sugli schermi Ted Levine (il Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti) nei panni di Hank Wade, il capo di Sonya, Emily Rios (Adriana Mendez), notata in Breaking Bad (era Andrea, la madre di Brock), ma qualcuno potrebbe averla vista anche in Friday Night Lights e addirittura da protagonista, giovanissima in Non è peccato - La Quinceanera, e Catalina Sandino Moreno, qui Alma Ruiz, la moglie di Marco, ma per noi per sempre la straordinaria Maria dello straordinario Maria Full of Grace. Spettacolari Ramòn Franco, già visto come caratterista in molti film e di recente come El Sucio in Weeds, qui nei panni del boss Fausto Galvan, Arturo del Puerto nei panni di Hector, e Alma Martinez nella parte di Graciela Rivera, ci sono anche Lyle Lovett (Monte P. Flagman), Matthew Lillard (Daniel Frye) e Brian Van Holt (Cougar Town), pessimo nella parte di Ray, così come pessimo mi è parso Eric Lange, caratterista visto molto volte, nei panni di Kenneth Hasting.
Discrete le regie e bella fotografia.
I titoli di testa scorrono sulle belle note di Until I'm One with You di Ryan Bingham; per i più malati, come me ad esempio, il 22 settembre scorso è partita la seconda stagione di Bron/Broen sulle tv svedesi e danesi, e il 16 ottobre è partita, su Sky Atlantic in UK (in novembre su Canal+ in Francia), The Tunnel, ennesimo remake di questa storia, con ritrovamento del cadavere nell'Eurotunnel sotto la Manica, protagonista Stephen Dillane, ovvero Stannis Baratheon. Non temete: sono già al lavoro per voi.
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