Fortress - Alter Bridge (2013)
Poi ci sono le band come gli AB, che, come dicevo qualche giorno fa, sfornano dischi che non si differenziano così tanto da quelli precedenti, e però mica sono brutti, naturalmente, per chi ama questo genere un po' démodé, ma che annovera ancora molti proseliti, perfino tra i giovanissimi (e io ancora sto qui a chiedermi perché, nonostante la mia profezia di tanti anni fa).
Stranissima storia, quella della band basata ad Orlando, Florida, come credo ormai saprete. Formatisi in seguito allo scioglimento dei Creed, non sono terminati con la loro reunion, ma sono divenuti la prima, forse, band che vive a periodi alternati. Alternandosi, appunto, con i Creed, con i quali condividono tre quarti della formazione.
Non finisce qui: gli AB sono capitanati da un axe hero che una volta era timido, adesso è solo un bravissimo chitarrista che non ama troppo mettersi in mostra, anzi, addirittura lascia ampio spazio, anche live, al cantante, che è pure un buon chitarrista. Riprenderò il concetto, dell'axe hero che fu timido e adesso non proprio, in seguito. I componenti della cosiddetta sezione ritmica (Brian Marshall al basso e Scott Phillips alla batteria), seppur musicisti di tutto rispetto, rocciosi e senza sbavature, mantengono il loro ruolo di gregari, senza mettersi troppo in mostra e pestando duro, dritto per dritto. L'altra grande, enorme, immensa risorsa di questa band, è la voce del cantante, Myles Kennedy, che come detto suona pure la chitarra, e che possiede, senza ombra di dubbio, una delle voci più belle, estese, impressionanti, del rock odierno.
Ora, chi di voi ama il rock, sa che chitarrista fenomeno e cantante pure, ti fanno essere già oltre la metà dell'opera. E così è, almeno questa volta, per questo quarto disco che, almeno secondo me, è superiore al precedente, e consolida gli AB come una delle realtà più scintillanti del metal non estremo, tendente al classic. Fortress è un disco che è piacevole da ascoltare nella sua interezza, solido e spesso come una parete antica, con un wall of sound chitarristico sostenuto, alternato ad intermezzi acustici atti più che altro a riprendere fiato, composto da svariate driving song. Dentro la musica degli AB ci sono le influenze classiche dell'hard rock e dell'heavy metal, come pure, tra le righe, quelle del blues (Lover), un songwriting magari non sublime e ricercato, ma tutto sommato efficace perché osa poco ma fa rendere al meglio gli arnesi a disposizione. Che non sia un disco intellettuale lo si capisce pure dai testi, ma non è che possiamo sempre girare con gli Arcade Fire negli orecchi (band che, ricordiamocelo, secondo me fa abbastanza cagare, e ultimamente pare se ne stia cominciando ad accorgere perfino una parte della cosiddetta critica specializzata), o con i Dirty Projectors (già molto, molto meglio).
Tanto per estendere i concetti delle cose migliori del disco e della musica degli AB, e per scrivere qualche riga in più, riprendo la cosa dell'ex axe hero timido. Parliamo, come molti di voi già sapranno, di Mark Tremonti, chitarrista molto quotato, personaggio molto amato anche dalle truppe statunitensi, amante forse più dei riff granitici che degli assoli. Molti, me compreso, conoscendolo e vedendo cosa era (è) capace di fare con le sei corde, si lamentavano che fosse troppo parco negli assoli. Pian piano, il ragazzo ci ha lavorato sopra, uscendo lo scorso anno con un debutto solista niente male, e mettendosi pure a cantare (e perfino qui, con gli AB, funge da lead vocals su Waters Rising), ma quel che è, secondo me, più importante, pur rimanendo un grande chitarrista che "gioca per la squadra", meglio, che si mette sempre al servizio delle canzoni, anziché di quelli che fanno affiorare una canzone in mezzo ad un assolo, ha, come dire, vinto la timidezza, e si lancia senza timore in assoli travolgenti, seppure mai debordanti, che più spesso arricchiscono e infiocchettano i pezzi degli AB, mostrando uno dei valori aggiunti del sound AB.
Concludendo, tra le tracce da ricordare, la splendida partenza di Cry of Achilles (appunto, ricca di assoli), la sincopata The Uninvited, le riffose Peace Is Broken, Farther than the Sun (forse la mia favorita) e Cry a River, la ballad niente male All Ends Well (dove Kennedy raggiunge vette davvero importanti), ma nella sua interezza, Fortress rappresenta un disco considerevole.
PS La copertina, non male, è opera di uno dei fratelli di Tremonti, Dan.
2 commenti:
Ah, ma allora non sono l'unico a cui fanno cagare gli Arcade Fire!
Grazie.
E... bella rece. Of course.
thanks!
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