No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20141103

Rheinberg (Germania) - Ottobre 2014 (5)

La mattina seguente, dopo la colazione in albergo, risparmiamo i taxi, visto che in molti hanno auto private o noleggiate, quindi quelli senza auto si dividono tra le varie auto. La riunione ci prende tutto il giorno, in pausa pranzo ci viene servito un pasto in una sala sul retro della normale mensa, e devo dire ancora una volta che è tutto piuttosto buono. Nonostante alcuni normali momenti di silenzio (perché non tutti hanno voglia di attaccare un discorso, per il fatto che comunque devi parlare in una lingua di scambio), anche il pranzo scorre tra chiacchiere a volte scherzose, spesso interessanti. Dopo pranzo salutiamo i colleghi del team logistico, proseguiamo i nostri lavori, verso le 17 ci salutiamo tutti, in molti se ne vanno, altrimenti arrivano tardi a casa o hanno aerei da prendere. Io sarò lì anche il giorno seguente. Gli unici che, provenendo da fuori, rimarranno per la notte, siamo io, Anselmo e Alisa: lei ha l'aereo prestissimo la mattina (verso le 5), lui verso le 9. Torniamo quindi verso l'albergo noi tre, con la mia auto a noleggio, loro scherzando sulle mie doti da guidatore. Mentre ci tratteniamo per una sigaretta prima di salire in camera, arriva Quentin, che avevamo salutato 10 minuti fa (doveva partire subito per casa sua, in modo da arrivare per mezzanotte), e che evidentemente non aveva fatto il check out all'albergo quella mattina (non era certo che sarebbe ripartito). Ci diamo appuntamento alle 19 per andare a cena. Alle 19 il terzetto che potrebbe essere l'incipit di una barzelletta (un italiano, uno spagnolo e una bulgara), si incammina verso il centro di Xanten, dove sceglie un ristorante a caso, il Dalmatien, nella piazza del mercato.
L'esterno del Dalmatien di giorno. Foto dal web.

Ora, tralasciando il fatto che per almeno 10 minuti da quando ci portano il menu facciamo ironia sul fatto che manca la pizza, e poi c'è qualunque tipo di cucina (con prevalenza di quella balcanica, naturalmente), alla fine si ordina un po' a caso ma anche questa volta mangeremo bene, la serata scorre che è un piacere. Scorre in inglese, e vi giuro che ormai amo i loro accenti quando parlano inglese, chissà che impressione io faccio a loro, e si, oltre a qualche curiosità di lavoro (le relazioni interne alle fabbriche dove ognuno di noi lavora, come sono cambiati i nostri lavori negli anni), spesso si va nel personale, e senza dubbio si cementa una conoscenza che come ho detto, secondo che tipo sei si può cominciare a definire amicizia. Passeggiamo nell'umidità di Xanten verso l'albergo continuando a raccontare aneddoti personali, che spesso fanno molto ridere, come quando Alisa ci racconta quando le hanno rubato l'auto sotto casa (sono convinto che lei in quel momento non ha riso molto). Ci salutiamo con la speranza di rivederci presto, io e Anselmo ci rivedremo per colazione.
Infatti, la mattina poco dopo le 7 eccoci lì che conversiamo davanti ad un cappuccino (anche qui devo dire ben fatto; da sottolineare che alla terza colazione consecutiva, la seconda servita dalla stessa cameriera, non ho avuto bisogno di chiedere), e non ci crederete ma ne esce pure qualcosa di positivo a livello lavorativo (vedremo nei prossimi mesi; segnalo ad Anselmo un'apparecchiatura che può servire allo stabilimento spagnolo, e che mi è capitato di vedere qua in un deposito italiano, di proprietà della società per cui lavoriamo entrambi, nuova, mai usata, e attualmente in disuso). Ci salutiamo definitivamente, lui a minuti sarà raccolto dal taxi che lo porterà all'aeroporto di Dusseldorf. Io mi incammino verso lo stabilimento di Rheinberg, non prima di aver fatto il check out e svuotato la camera. Saluti mattutini, alle 9 conf call, alle 10 partenza verso il deposito di Wesel insieme a Marcel. I gestori ci offrono il caffé, ci mostrano una presentazione della loro società (e devo dire che in queste cose i tedeschi ci sanno fare, non è la prima volta che mi capita, e si presentano dannatamente bene), poi facciamo visita ai magazzini, faccio qualche foto, mi prendo qualche appunto mentale, segnalo delle imperfezioni, mi accordo per alcune migliorie che spero serviranno. Si torna allo stabilimento, l'ora è un po' tarda per il pranzo ma le gentilissime signore ci sono ugualmente, Marcel si prende il gulasch (è, come saprete, un piatto ungherese che però è diventato di casa in Germania), io no ma vista la mia curiosità una delle signore della mensa me ne serve un assaggino (non mi piace, posso dirlo dopo averlo assaggiato, ma ho gradito moltissimo la cortesia), poi torniamo in ufficio. Scrematura email, saluti a tutti gli uffici, mi cambio nel bagno (mi metto "comodo" per il viaggio), saluto definitivamente a presto, e mi dirigo verso l'aeroporto: dopo due giorni di pioggia anche intensa, il tempo sta tornando verso il bello.
Mentre seguo le istruzioni del navigatore, che mi fa fare anche un breve tratto di autostrada (gratis, e discretamente tenuta), ripenso a queste giornate col sorriso sulle labbra. Arrivo quasi all'aeroporto, e quando realizzo che non ci sono più distributori di benzina torno indietro per qualche chilometro fino all'ultimo che ho visto. Faccio rifornimento e mi prendo un caffé al piccolo bar dentro la stazione di servizio, la signora al bar in qualche modo intuisce che sono italiano e mi risponde nella mia lingua. Arrivo all'aeroporto, parcheggio l'auto nei posti riservati, un omone mi chiede se riconsegno, gli do le chiavi e saluto. Fumo una sigaretta, mi vengono i ripensamenti, passo al banco del noleggio subito dentro all'aeroporto e chiedo all'addetta se quel tipo lavora per loro. Lei mi domanda se era un omone, e al mio si mi dice che è tutto a posto. Passo i controlli, vado al gate, mentre aspetto decido di comprare una bottiglietta d'acqua. La cassiera mi riconosce come italiano e mi risponde in italiano, lei però senza accenti. Le chiedo lo scontrino, per il rimborso, e lei mi fa capire che qua lo scontrino non lo prende nessuno, e io domando "tanto le tasse le pagano lo stesso, vero?". Lei annuisce. Ripenso al fatto che molti italiani sono convinti che la nostra emigrazione verso la Germania sia finita negli anni '70. E invece questa ragazza qua ha sicuramente meno di 30 anni. Mi imbarco dopo aver atteso almeno una ventina di minuti in coda, all'aperto, sotto un vento gelido e vestito poco. Finalmente, si chiudono i portelloni e si decolla.

Vinco il sonno ripensando all'ennesima esperienza formativa, e alla prossima che sarà tra un paio di settimane, ma soprattutto ricordandomi che oltre a dover arrivare al parcheggio, dovrò viaggiare per altre due ore prima di essere a casa.
Faccio il conto di quanti aerei ho preso in questo 2014. Come detto inizialmente, non posso dire che per me sia un fastidio, anzi. Quindi avanti così, senza porre limiti alla provvidenza. Sky is the limit. Alla prossima.

2 commenti:

cipo ha detto...

E insomma, quanti aerei hai preso nel 2014? siamo curiosi!

jumbolo ha detto...

devo rifare il conto per bene...ma dovrei arrivare a 40 per fine anno...più o meno...naturalmente contando ogni tratta eh. nel senso, quando son venuto da voi a gennaio son 4, pisa-parigi parigi-southampton southampton-parigi e parigi-pisa, e così via. quelli per lavoro sono meno della metà, ma insomma, cominciano a pesare nel conto.