No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060327

è sempre il momento giusto per girare una commedia!


Il Caimano – di Nanni Moretti 2006

Bruno Bonomo è un produttore cinematografico di pellicole trash, o di B-movies, fate voi; bistrattato dalla critica, in passato ha riscosso, con le sue pellicole, un discreto successo di pubblico. Film come “Mocassini assassini”, “Maciste contro Freud”, ma soprattutto, “Cataratte” gli hanno dato una discreta celebrità e una certa agiatezza. Nonostante si organizzino retrospettive dedicate a lui e alle sue produzioni, in questo momento si trova in cattive acque: è sommerso dai debiti, assediato dalle banche, in crisi irreversibile con la moglie, non ha più credibilità (se non quella, apparente, delle retrospettive, evidentemente organizzate ad arte da critici stanchi e annoiati che non hanno di meglio da fare se non riabilitare un cinema che a suo tempo avevano disprezzato). Sta disperatamente tentando di farsi finanziare dalla Rai un film su Cristoforo Colombo, quando durante la retrospettiva di cui sopra, una giovane aspirante regista (ha diretto solamente due cortometraggi, ma ha tenacia da vendere) gli lascia la sceneggiatura di un film, sperando che la legga. Alcuni giorni più tardi, il vecchio e esperto regista che doveva dirigere l’eventuale film su Colombo se ne va, stanco di aspettare e lusingato da un’offerta di De Laurentis (“ma dove vai..quello da quando ha comprato il Napoli al cinema non ci pensa più”). Disperato, accerchiato, Bruno, costretto a dormire nel magazzino dove vengono conservate le “pizze” dei suoi film, dietro all’ufficio e sopra al teatro di posa, usato per girare televendite, si butta sull’unica cosa che gli rimane: il copione della giovane Teresa. Si intitola “Il caimano”, la legge distrattamente (“l’ho letta in una maniera trasversale”) e convince pure se stesso che deve fare quel film (anche perché l’alternativa è il nulla). Non riesce però a convincere il dirigente Rai a “spostare” i finanziamenti dal film su Colombo a quello sul Caimano; anche perché, nel tragitto tra l’ufficio e la Rai, insieme a Teresa, si rende conto che il caimano è Silvio Berlusconi, cosa che lo sconvolge al punto da tamponare un auto ferma (“Ma come? Ma io l’ho pure votato a Berlusconi!” “E lo dici pure?”). Figuriamoci se la Rai se lo accolla. Essendo all’ultima spiaggia, Bruno, dopo il rifiuto di un famoso attore di sinistra (Moretti che fa se stesso) ad interpretare il caimano, scelta che avrebbe voluto Teresa, convince un altro attore famoso e molto spocchioso, Marco Pulci, ad accettare la parte del protagonista; in questo modo, l’amico Stuhrowsky, produttore polacco che è divertito dall’Italia (“la vostra italietta”), finanzierebbe il progetto. Finalmente si parte, fino a quando, magicamente, Pulci si ritira, e il castello di carte crolla. Disperato, Bruno accetta la proposta della ormai ex moglie di venderle metà della loro casa, per avere almeno i soldi per girare una sola scena.
Moretti torna, ed è sempre lui all’ennesima potenza, con i suoi vizi e le sue virtù. Se alcuni tra i più quotati registi italiani accettano di apparire in camei in questa sua pellicola, una ragione ci sarà. E se, come dice lui per bocca di Jasmine Trinca che interpreta Teresa, in America sul Presidente fanno film da qualsiasi punto di vista, non si vede perché in Italia non si possa fare un film, anzi, un meta-film, dove Berlusconi, motore immobile della nostra vita quotidiana, è il protagonista. La bravura di Moretti sceneggiatore, questa volta davvero raffinato, è quella di riuscire a mettere dentro a “Il caimano” (per chi ancora non lo sapesse, soprannome affibbiato al Cavaliere da Franco Cordero de La Repubblica nei suoi caustici articoli) tre storie: quella del cinema italiano moderno, quella privata di un mediocre in crisi, e, appunto, il meta-film, il film dentro al film, dedicato al personaggio che all’incirca una metà di italiani considera un’anomalia.
La prima e l’ultima sono senza dubbio ben riuscite, graffianti e personali (per quale motivo Moretti, da sempre schierato, in ogni campo, badate bene, avrebbe dovuto rinunciare, abdicare?), mostrano idee chiare e - come nel cupo e grottesco finale, mirabile miscuglio tra possibilità, storia personale, intreccio della sceneggiatura, quasi un colpo di scena, inaspettato per un film del genere, ma generato dalla storia stessa in fondo - coraggio delle proprie posizioni: è proprio il caso di dire che Moretti “ci mette la faccia”!
La parte per così dire “privata”, a seconda di chi scrive, è la meno riuscita (e potrebbe essere anche una cosa voluta), anche se non mancano spunti interessanti di riflessione sull’Italia che cambia.
Il Moretti regista, invece, riesce bene: infila un incipit brillante, ancora un film nel film, dirige piuttosto bene un buon cast, muove la macchina in scioltezza, emoziona in alcune scene (quella felliniana di Bruno che insegue la caravella è mirabile).
Un film interessante e attuale, che porterà al cinema chi ha voglia di mettersi in discussione. Chi ha voglia di giudicare senza vedere, un po’ come parlare con gli occhi coperti, potrebbe quantomeno evitare di parlarne.

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