Un amico, che mi stupisce ogni volta, oggi all'improvviso mi ha mandato una mail. L'ho letta e mi sono commosso. L'ho riletta e ho pianto. E' bellissima, e mi ha dato il permesso di pubblicarla qui.
Grazie.
Il tuo altro io
Qua a Genova, due carruggi più in la, c'è un negozio di prodotti alimentari esotici.
Frutta dal Sud America e dai tropici, spezie dal medio e lontano oriente, riso thai, e noodles giappa. Perfino la salsa di pesce thai che serve per gli hamburger di maiale, quella che dà l'aroma inconfondibile di quella cucina, ma che quando la metti nella carne cruda odora di fica.
A gestirlo: una coppia.
Bianco lui, nera lei.
Lei è una di quelle matrone africane con foulard coloratissimo in testa e treccine a volontà. Faccia un po' butterata come molti della sua gente, e mani grosse.
Lui è una montagna di carne, grosso più che grasso, pelato e con una faccia che vista una volta te la ricordi per sempre.
Infatti, quella faccia, io l'ho già vista. E' la stessa che porta il mio amico. Uno che vive e lavora in un paese che porta il nome di una fabbrica. Dove il mare è blu, la spiaggia bianca e la gente, distratta, dimentica di mettere la "c" nelle parole.
Sinceramente credevo che di facce così ne esistesse una sola.
E così la mente si trova a viaggiare; voli da capogiro dietro idee balzane. Forse perché mi annoio, o forse perché a forza di vedere i gabbiani uno si ritrova ad imitarli. Forse è proprio perché la natura ci ha privato delle ali che ci ha dato la fantasia.
Così mi trovo a immaginare: e vedo il mio amico, lo vedo nella sua nuova voglia di guardare il mondo attraverso i vetri dei suoi occhiali, piuttosto che attraverso uno schermo, lo vedo innamorato di terre e donne lontane, lo vedo curioso come un bimbo, saggio come un vecchio, pazzo come un uomo.
Lo immagino che lascia il suo lavoro, la sua casa, il suo paese. Lo immagino partire per le terre profumate degli aromi che respiro nel negozio di quel carruggio. Vedo le sue donne, quelle comprate, quelle amate, quelle mai avute. Lo vedo tornare con una donna dalla pelle diversa ma dal cuore uguale al suo. Lo vedo aprire un negozio, forse proprio in uno di quei carruggi che circondano la mia casa. Quei carruggi in cui il vento viene da tutte le direzioni. Come da tutte le direzioni proviene la gente che ci vive.
Lo vedo li dentro, apostrofarmi al mio passaggio. Talmente felice da continuare a scordarsi di mettere le "c" alle parole.
E li dentro mi ci vedo pure io, ascoltarlo raccontarmi dei luoghi che vede, della gente che incontra, dei paesi in cui viaggia per il suo nuovo lavoro, che poi è la sua vita. Portarci sapori e odori di posti lontani e sognati.
Questo è ciò che vedo quando incontro facce come quella del negozio due carruggi più in la.
Sarà colpa del vento che, quando s'incanala nei vicoli della città vecchia, ti scompiglia i capelli e le idee, o sarà che la vita, come agli uccelli ha dato ali tanto diverse, forti e corte ma inadatte al volo come ai pinguini, piccole e frenetiche come ai colibrì, lunghe e affusolate come quelle dei gabbiani; a noi uomini ha dato immaginazioni altrettanto bizzarre e varie. In tal caso a me, come direbbe il mio amico, il gabbiano Jonathan Livingstone "ha ma a pupparmi a fava".
5 commenti:
veramente
scoppe
veramente ben scritto e bello...........senti npò, ma quando scrivi in quello che fumi ce lo metti ir tabacco?
scoppe
veramente ben scritto e bello...........senti npò, ma quando scrivi in quello che fumi ce lo metti ir tabacco?
scoppe
MATERAZZI A ME ME LO PUPPA RIESCO AD ESSE + IN RITARDO DI LUI.............
glande!
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