No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060311

excuse me Mr., isn't that your oil in the sea?


Syriana – di Stephen Gaghan 2006

Oggi. Storie diverse. In Medio Oriente, in un paese produttore di petrolio non meglio identificato, l’erede al trono principe Nasir, istruzione occidentale e idee riformiste, stringe alleanze con i cinesi per lo sfruttamento energetico, danneggiando così gli interessi di una grande compagnia petrolifera, la Connex. Nel frattempo, una piccola compagnia petrolifera, la Killen, ottiene i diritti di sfruttamento in Kazakistan, un “piatto” molto appetitoso. L’acquisizione della Killen da parte della Connex scatena sospetti, inchieste incrociate, corruzione a vari livelli. Bob Barnes, agente della CIA esperto in Medio Oriente, ultima missione in Iran, stanco di quella vita, che gli ha negato la possibilità di essere un buon marito e, soprattutto, un buon padre, viene scelto per un’ultima missione: assassinare il principe Nasir. Gli intrighi non finiscono qui, e scendendo di livello, troviamo immigrati pakistani in Iran che stentano a trovare lavoro, e finiscono nelle maglie dell’integralismo islamico. Mentre risalendo la scala sociale, Bryan Woodman, analista energetico, per uno strano e triste caso della vita, diventa consulente personale del principe Nasir.
Avvertenza: “Syriana” non è un film per spettatori pigri, per chi va al cinema per passare il sabato sera, per chi va al cinema due-tre volte l’anno. Voluto fortemente da George Clooney, diretto da Gaghan, sceneggiatore con risultati alterni, bravo con “Traffic”, un po’ meno con il resto della sua produzione (“Regole d’onore” diretto da Friedkin, “Alamo” e “Abandon”), è un film duro, che non fa prigionieri, dove siccome non esistono i buoni, ci si ritrova a fare il tifo per un agente della CIA che, in vita sua, ha fatto fuori centinaia di persone, solo perché disturbavano gli “esportatori di democrazia” statunitensi, come se lui fosse ignaro di quello che faceva.
Ha il difetto, è vero, di partire spesso da situazioni totalmente inverosimili, o comunque un po’ forzate, ma, se accettate l’iperbole fantapolitico-economica, vi ritroverete proiettati in un vortice di storie piccole e grandi, ben disegnate, incastrate alla perfezione, avvincenti come un buon thriller e contrastanti quanto basta per arrabbiarvi davanti alle palesi ingiustizie della spietata legge del capitalismo globalizzato.
A differenza di “Traffic”, non si usano viraggi diversi o particolari per diversificare le storie, ma, al contrario, si usa una fotografia molto nitida e luminosa, che esalta l’occhio specialmente nelle riprese nelle location mediorientali, e soprattutto si gode di un montaggio davvero raffinato, teso ad esaltare i paradossi del nostro tempo (le sovrapposizioni tra la povertà mediorientale e l’opulenza occidentale sono pugni nello stomaco).
Cast ricco, soprattutto di caratteristi, tutto al servizio della storia, compresi Matt Damon e Clooney, quest’ultimo ingrassato e invecchiato appositamente, senza che nessuno si erga sopra gli altri, come a significare “non ci facciamo notare, che stiamo facendo cose sporche”.
Film decisamente interessante e impegnativo.

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