No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20060301
Colombia gen 06 - 37
Holiday in Colombia 22
26/1/2006 Long road
Alle 6 circa mi sveglia un rumore: c'è una tipa che avevo intravisto il giorno prima, dorme in mansarda, se così si può chiamare, e nonostante i suoi sforzi per fare piano, scendendo la scala fa rumore. Mi pare decisamente di avere il sonno molto più leggero che a casa. Mi riposo un altro paio d'ore, non è che la sera prima abbia fatto il bravo. Vado al bagno nell'altra costruzione, per disturbare meno possibile quelli che dormono "di sopra", nell'hostel c'è già movimento. Questo posto è bellissimo. Il programma di oggi prevede una scarpinata che si preannuncia impegnativa, fino al parco naturale di Cocora; dicono sia molto bello. Spero che Juli non sia ancora arrabbiata. Quando si svegliano un po' tutti, alla prima occasione favorevole le domando se si è arrabbiata sul serio, e quando capisco che lo è ancora le domando scusa, non ne avevo la minima intenzione, stavo scherzando, figuriamoci se mi ritengo superiore a qualcuno solo perchè ho la fortuna di vivere in un paese che economicamente soffre meno del Sud America. Scuse accettate, e nonostante Juli sappia fare buon viso a cattivo gioco, so che ci vorrà qualche ora. Colazione, programma, vaglio dei partecipanti. Io, Juli, Carlo e Gary from New Orleans, USA. Abbiamo la mappa, gli zainetti, l'acqua e tutte le informazioni che ci servono. Partiamo a piedi, sono circa le 9, la giornata sembra promettere anche troppo sole. Usciamo dal paese per la strada sterrata che va a Cocora, ci sono dei lavori, gente che piccona, mica cazzi. Alla terza curva, col piccone in mano, uno dei ragazzi conosciuti la notte prima. Ci abbracciamo come fratelli. Penso che se mi trasferissi qui potrei diventare sindaco, e sarà la battuta-tormentone dei prossimi due giorni. Lo saluto e spero di rivederlo, noi proseguiamo, lui riprende il piccone. La strada è agevole, sterrata ma transitabile, un po' di salita e un po' di discesa. Il sole sale decisamente, e sembra volercele dare di santa ragione. Dopo un paio d'ore di cammino conosco già meglio Gary, è ingegnere e lavora per una compagnia petrolifera, elaborando dati. E' giovane, e probabilmente molto bravo, lavora a mesi e poi si concede piacevoli viaggi, spesso partendo anche dai posti dove è costretto ad andare a lavorare, anche molto lontani dagli USA. Entriamo nel parco naturale, dove una guardia forestale ci dà pochi suggerimenti e non ci fa nessuna storia, e stranamente non ci fa pagare nemmeno uno straccio di biglietto. Sono circa le 10,30, e decidiamo di farci una ulteriore colazione rinforzante, un classico desayuno: riso, uova, patacones, fagioli. Da bere, compreso nel prezzo c'è il chocolate, ma ho paura che per il mio intestino sarebbe troppo, e opto per una coca cola, sapendo che ciò comporta un aggravio della spesa (grossolanamente, il desayuno viene circa un euro, la coca cola sui 35 centesimi). Il posto ha delle splendide sedie foderate di pelle di mucca. Forse è meno kitsch Mr. Crocodile Dundee. Riprendiamo il cammino, con Juli che ama il momento dove può scandire la sua parola d'ordine del viaggio: ¿Vamos? Naturalmente sono quello che più di tutti è a corto di ossigeno, ma tengo duro. Riesco perfino a parlare un po' di musica stuzzicato da Gary, al quale non è sfuggita la mia t-shirt dei Pearl Jam. Finiamo a parlare degli Audioslave, passando dai Soundgarden, e gli racconto la scioccante visione del nuovo dvd del live in Cuba, visto prima di partire da Fabietto a Roma, una specie di inglorioso canto del cigno per Chris Cornell. Il cammino è lungo, e, come in una specie di accordo, si procede a coppie, che si intercambiano per non annoiarci. Io cerco di stare sempre nella coppia di testa, sapendo di essere quello che può rimanere indietro. Invidio molto Carlo, che ha 6 anni più di me ma non appare mai fisicamente in difficoltà. Per strada, paesaggi bucolici rilassanti e affascinanti, cavalli, mucche, tori, il fiume che scorre a fondo valle, un insieme che ricorda la Svizzera, ai due lati due catene montuose piuttosto alte; la giornata splendida dà valore al tutto. Arriviamo a Cocora verso le 13, rimango indietro per 5 minuti perchè sento salire impellente il richiamo della foresta. Caco sontuosamente dietro un abete, o almeno così pare. Riesco a passare indenne attraverso un recinto di filo spinato. Ci fermiamo, c'è un ristorantino spartano e un piccolissimo bar adiacente, stessa gestione. La ragazzina dietro al banco è uno spettacolo al pari della natura incontaminata e prepotente che costeggia il cammino fin qui percorso. Mora, capelli ondulati, viso d'angelo e vocina leggera. Rimarrei a guardarla all'infinito, ma il gruppo mi chiama, quindi frustro le mie potenzialità da contemplatore e mi adeguo. Decidiamo di percorrere un anello di alcuni chilometri dentro il parco, che si preannuncia molto più impegnativo del percorso di avvicinamento; il tempo è contato, dobbiamo essere di nuovo a Cocora per le 17, ora in cui parte l'ultima jeep che riporta a Salento, pena la scarpinata di ritorno. Partiamo senza indugio, anche se ci riserviamo alcune opzioni a seconda del tempo che impiegheremo a percorrere i sentieri segnati dalla mappa. Iniziamo lievemente a fondo valle, costeggiando fattorie, ma il cammino si fa già più impegnativo, visto che il fondo del sentiero è pieno di fango; fortunatamente, i ruscelli, affluenti del fiume di fondo valle, attraversano il sentiero permettendoci il rifornimento d'acqua. Dopo un po', la gola formata dalle due montagne si fa più stretta, la vegetazione si fa più fitta, e iniziamo a salire. Cominciano i ponti sospesi sul fiume, la vegetazione diventa quasi jungla. Inizio ad essere in difficoltà, difficoltà che si esaspera quando, facendo il conto del tempo che ci rimane, decidiamo ad un bivio di andare verso la località la montaña, con un percorso di circa 800 metri tutti in ripida salita, che però ci permetterà di arrivare ad un ulteriore camminamento tutto in discesa che chiude l'anello con Cocora, invece di allontanarci ulteriormente. Condivido il ragionamento, ma la salita è davvero un calvario. Gary si offre di portarmi lo zainetto, mi vede in grande difficoltà, Carlo mi controlla più volte il polso, ho i battiti realmente accelerati. Sono ancora la zavorra del gruppo, ma ce la metto tutta, memore delle storie che ho fatto durante la salita per Pueblito dentro il parco Tayrona. Jungla di montagna, rumore distinto di alberi ad alto fusto che si piegano sotto il loro stesso peso, e stanno per cedere. Calore che diminuisce per effetto dell'altitudine che aumenta. Stringo i denti, guardo gli altri che salgono decisamente più disinvolti di me. Pian piano, guadagno la cima anch'io, arriviamo a la montaña, c'è una costruzione bassa, due ragazze (carine) che giocano a carte in veranda, un uomo che ci dà il permesso di abbeverarci ad un rubinetto lì vicino. Inizia la discesa, e la strada ritorna praticabile anche alle auto. Il più è fatto, e mi sento autore di una piccola ma significativa impresa, io, uomo sedentario per definizione. La discesa è suggestiva, la vallata si apre sotto di noi, Gary scatta foto in continuazione. Solito alternarsi delle coppie in cammino, e durante un momento nel quale procedo a fianco di Juli, lei si apre sulla litigata della sera prima. Si scusa, in un certo qual modo, di aver reagito così rabbiosamente, ma sull'orgoglio nazionale è particolarmente sensibile. Sento che ha razionalizzato l'accaduto, e le ripeto che non volevo in nessun modo ferirla, od offendere l'Argentina tutta. Sento che il grado di intimità tra di noi aumenta, non nega che ha reagito così perchè si sente in un certo qual modo vicina a me, se lo scherzo fosse provenuto da altri non lo avrebbe "accusato" così. E' curioso il nostro rapporto; ci conosciamo da quasi 5 anni, via e-mail, ma ci siamo visti in carne ed ossa solo 20 giorni fa per la prima volta, e le sensazioni sono cose difficili da gestire. Forse è presto per fare bilanci, ma ci tengo che conservi un buon ricordo di me, come compagno di viaggio.
La discesa diventa dolce, soleggiata ma ventilata, e arriviamo a Cocora abbondantemente prima delle 17. C'è tutto il tempo per ammirare di nuovo la ragazza del bar. Gary mangia al tavolo del ristorante, io e Carlo progettiamo già la cena di stasera. Appena arriva la jeep, saliamo sopra, senza avere idea di cosa diventerà. Dopo 15/20 minuti si parte, e le persone a bordo sono almeno 20. Nei posti accanto all'autista c'è anche la ragazza del bar, dietro su quelle specie di sedili siamo 4 per parte, un paio di bambini in mezzo, almeno 4 persone aggrappate dietro fuori dal cassone, se non di più, 3 almeno sistemati in qualche modo sul telone di copertura. Allucinante. Non riesco a muovere le gambe in nessuna maniera, tra noi e le persone che sono sedute dalla parte opposta ci sono sacchi, panieri, contenitori. Dopo 20 minuti non mi sento più le gambe, e mi ritrovo a pensare che forse sarebbe stato meno faticoso tornare a piedi. Alleggeriamo la tensione scherzando con Carlo e con una bambina che è lì vicina. Sembra muta all'inizio, poi si scioglie, e in maniera frammentaria capiamo che sta andando in paese per prendere un bus per Cali, viaggia con la zia, la mamma non c'è e il babbo chissà dov'è finito. Storie di ordinaria confusione e disperazione, alle quali si reagisce con somma dignità. Finalmente, arriviamo in paese, e vivo la discesa dalla jeep come un orgasmo multiplo. Camminiamo verso il supermercato per fare spesa, e, poco alla volta, sento di nuovo le gambe. In viaggio, a volte, è un bel problema essere di taglia grande. Rientriamo al Plantation, laviamo un po' di cose, conosciamo una coppia colombiana, amica di Chris e Tim, che lavorano come educatori ecologici in giro per le scuole nell'ambito di un progetto statale, e mentre osserviamo il tramonto ascoltiamo un ulteriore punto di vista sulla situazione colombiana. Ci laviamo, e poi ci mettiamo a cucinare, come sempre le porzioni mie e di Carlo permettono di far mangiare altre due persone oltre a noi tre, nello specifico Gary e Holly.
Dopo aver mangiato andiamo in piazza in cerca di una rumba che non c'è, quindi rientriamo all'hostel. Beviamo fino a non poterne più, mentre i pensieri ci si confondono nella bocca oltre che nella testa. Penso che la sera prima ho fatto bene a scusarmi con Alessandro, il bergamasco, perchè finchè non ho capito che la malese era la sua ragazza, la guardavo insistentemente, anche se scusarsi perchè hai guardato una ragazza non si usa comunemente. Penso che stamattina ho fatto bene a scusarmi con Juli per la sera prima. Penso che qui al Plantation, non c'è nemmeno una persona che mi sta antipatica. Penso che dovrei smettere di bere così tanto, perchè ogni tanto quando sono ubriaco faccio una cazzata. Poi penso che c'è chi, anche non essendo ubriaco, fa cazzate peggiori. Penso che in certi momenti, forse è meglio non pensare.
Mi tranquillizzo, e dormo felice.
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1 commento:
bello il quadro montagnoso.
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