No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20060330
Colombia gen 06 - 46
Holiday in Colombia 30
3/2/2006 TransAmerica!
Forse per l'unica volta in tutto il viaggio, arriviamo praticamente in orario. Il terminal dei bus di Bogotá, visto di notte, sembra leggermente diverso, ma forse è solo la stanchezza. Sono da poco passate le 3,30 di notte, o di mattina, quando raccogliamo i bagagli dal ventre del bus. Avessi la forza di sorridere, lo farei di gusto mentre Juli mi racconta che il controllore voleva farci pagare la poltroncina con lo schienale rotto; non ho sentito perchè, essendosi liberata un'altra coppia di poltroncine, mi ero trasferito lì per cercare un po' di pace in larghezza, accomodandomi di traverso. Girovaghiamo come zombies per il terminal con le idee poco chiare. C'è anche un po' di fame in giro, oltre ad un buon numero di persone, per essere quell'ora di notte/mattina. Forse per la prima volta nella mia vita (spero l'ultima), l'unica cosa che riesco a mangiare, non capendo se mi manca la cena o la colazione, è una porzione (striminzita a dire il vero) di patate fritte, alle 4,20. Rimaniamo al tavolo dove mangiamo per un'ora buona, pensando al da farsi e cercando di recuperare le forze, senza speranza. Mi entra il freddo nelle ossa, nonostante non sia affatto freddo, e per la prima volta da quasi un mese, tiro fuori dalla borsa il piumino smanicato: sospetto di avere la febbre. Non so come, arriviamo quasi alle 7, usiamo internet, io poco a dire la verità, non ce la faccio proprio, ma devo. Un'amica mi ha mandato un sms dove diceva che anche io, insieme ad altre persone, ero stato invitato a rispondere ad un questionario da MTV, per partecipare eventualmente ad un concerto esclusivo di Ben Harper a Milano. Juli risponde alle sue e-mail, scruta se c'è la possibilità che qualcuno dei suoi ci venga a prendere a Ezeiza, Buenos Aires, quando arriveremo. Fatto questo, ponderato che non abbiamo forze per fare qualcosa di impegnativo, e misurato che ci restano circa 8 ore per presentarci in orario all'aereoporto, decidiamo per la cosa meno impegnativa: compriamo qualcosa da mangiare qui, sperando che costi meno che, appunto, all'aereoporto, poi andiamo a bivaccare lì. Non troviamo granchè, poi cerchiamo di non prendere fregature col taxi, andiamo all'ufficio del turismo dove puoi prenotare, ti fanno una ricevuta e sali sul taxi sapendo già quanto dovrai pagare. Nonostante ciò, il costo, ci rendiamo conto, è esagerato per la Colombia. Occhi stanchi osservano scorrere il traffico già importante delle strade della capitale. Giornata instabile, qualche nuvola. Arriviamo e, per prima cosa, usiamo abbondantemente i bagni, poi facciamo un giro e scegliamo un posto per bivaccare, non prima di aver dato un'occhiata per i negozi di souvenir. Io cerco qualcosa per mio nipote, ma non trovo quello che mi interessa, una maglia della sua misura (piccolissima) della Colombia, Juli cerca qualcosa per sua madre. Ci riproveremo più tardi. Scegliamo delle poltroncine, non molto comode per la verità, e le colonizziamo. Meno male ci sono due televisioni lì vicine, perchè come al solito, a differenza di Juli che dorme alla grande, io non ci riesco, sempre a causa dei dolori al fondoschiena, lancinanti e fastidiosissimi. Riesco a dormire qualche secondo alla volta, accucciandomi e prendendomi la testa tra le mani mentre sono seduto. Decido di usare i bagni per farmi rasarmi testa e viso, un'esperienza nuova in un aereoporto. Mentre mi adopero, mi cadono gli occhiali e mi si rompe una lente. Merda! Fortunatamente ne ho un paio di riserva, sia da sole che con lenti trasparenti.
Ore interminabili, alterno le dormite di due secondi ad approfondite osservazioni della fauna locale e di passaggio. Con molta fatica arriva l'ora del check-in, mai così agognato come oggi. Arriva così anche la sopresa delle tasse aeroportuali, molto elevate per un paese sudamericano, qualcosa come l'equivalente di 25 euro. Tutti i nostri sforzi per arrivare con poca valuta colombiana alla partenza si rivelano inutili, dobbiamo prelevare ad un bancomat, ed è la solita lotta con le operazioni ultraveloci dei bancomat colombiani. Passati i controlli quindi, al primo ber spendiamo quello che ci è avanzato di nuovo, naturalmente in cose da mangiare. Arriva anche l'ora del volo, come all'andata voliamo LAN, sull'aereo c'è una squadra di calcio. Penso ad una giovanile, sono tutti molto giovani, invece, visto che accanto a noi si siede uno di loro, scopro che si tratta di una squadra di prima divisione uruguaiana, erano a Bogotá per un turno di Copa Libertadores. Il ragazzo vicino a noi lo chiamano Chino, riservato ma simpatico, parla a voce bassa, è il più tranquillo di tutti. Ci lanciamo in un cruciverba e lui partecipa, per ammazzare il tempo. Gli dico di venire tutti a giocare a Livorno, si guadagna poco ma ci si toglie un sacco di soddisfazioni.
Facciamo scalo a Quito, Ecuador, scende qualcuno, sale qualcun altro. Nella nostra fila, ma sul lato opposto, si accomoda una mora che, nonostante vesta in jeans, senza tacchi, non molto alta, dà nell'occhio, molti la notano. Iniziamo a scherzare con Juli e il Chino, la guardo insistentemente e lei risponde agli sguardi. Juli mi dà di gomito, io osservo bene i particolari.
Dopo un attento studio, mi volto verso di loro e gli comunico che la mora non è propriamente una donna. Ne sono certo. Attimi di stupore, poi la mia sicurezza mette in crisi le loro convinzioni in questo caso sommarie. Li invito ad osservare le mani.
A Lima si scende, dobbiamo cambiare volo, la squadra viene con noi fino a Buenos Aires. Durante una delle code per i controlli a Lima, con Juli che mi spinge, mi ritrovo dietro alla mora, e attacco discorso, mentre sbircio il suo biglietto aereo col nome, che è ovviamente da uomo; non ce ne sarebbe stato bisogno di questo particolare, la voce dice già tutto. Ora, chi mi conosce sa che non c'è morbosità alcuna in queste mie osservazioni. Dopo un giro negli shop, e un'occhiata al complessino peruviano che intrattiene i passeggeri nel corridoio principale, arriviamo al gate e ci mettiamo ad aspettare, ci vorrà un po'. Juli legge, io mi sposto accanto alla mora ed iniziamo una piacevole chiacchierata che dura fino all'imbarco. E' argentina, di Buenos Aires ma quando è in patria vive a Rosario, si trova meglio lì. Ha la pelle scura, ambrata, e dei capelli bellissimi, neri come la pece, lisci; le incorniciano il viso, in effetti con dei lineamenti un po' forti. Era in Ecuador per un'operazione, adesso si concederà un po' di vacanza a casa: normalmente lavora a Roma, il lavoro lo tralascia perchè capisce che so di cosa parla. Come capita spessissimo, è molto femminile, ed è simpatica, non è scocciata, parla volentieri, evidentemente anche perchè capisce che non sono lì per prenderla in giro o per sciocca curiosità. Passiamo il tempo parlando amabilmente, le consiglio qualche posto da vedere in Italia, quando ci tornerà, ad aprile, mi dice lei. Arriva l'ora di imbarcarsi, ci salutiamo, sull'aereo abbiamo posti distanti.
Si sale sul volo che la mezzanotte peruviana è passata abbondantemente. La terra è una centrifuga di anime.
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