No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20060329
Colombia gen 06 - 45
Holiday in Colombia 29
2/2/2006 Wild Horses
Andrea se ne va presto, come aveva detto. Verso l'Ecuador. Fa un po' impressione pensare a una persona con la quale hai diviso diversi giorni, scherzando, ridendo, parlando, che nel giro di nemmeno un mese hai rivisto in tre luoghi diversi, prima da sconosciuta che interviene in una discussione per darti una dritta, poi condividendoci i pasti, se ne vada, e realizzare che magari non la rivedrai mai più in tutta la vita. Si, fa impressione.
Rimaniamo ad aspettare i cavalli, che tardano due ore; ci costano 10mila pesos ciascuno, e non è male. Il problema vero è un altro, e lo metterò a fuoco solo a fine giornata: la casa di Jano è a circa 15 chilometri, e io non ho mai montato il cavallo. Beh, in effetti una volta si, da piccolo, a pelo. Credo che non conti molto, ai fini della riuscita della cavalcata di oggi.
All'andata, il padrone (uno che conosce Jano, che ci sella i cavalli e ci aiuta a montare all'inizio), mi affida il cavallo un po' più alto, marrone; a Juli tocca quello più basso, nero. Jano viene con una cavalla bianca, di proprietà di Mariana, che avendo partorito da poco si porta dietro un puledro. Funziona così. Jano ci fornisce anche dei rudimentali frustini fatti di rami d'albero, e mi insegna i fondamentali, tirare le briglie del morso verso destra per girare a destra, sinistra per girare a sinistra, verso di me per frenare o fermarsi, frustare il cavallo sui fianchi e spronarlo con i talloni per aumentare l'andatura. Ma i cavalli non sono macchine, ce ne sono di più dinamici e di più pigri: quello che è toccato a me è pigrissimo. Rimango continuamente indietro, sono costretto a frustarlo ripetutamente, e io sono uno che ha poca pazienza. Gli altri due cavalcano che è un piacere, Jano è un esperto, Juli è argentina e con i cavalli ha feeling, poi suo fratello Rafa ne ha uno, sa cavalcare. Mi innervosisco quasi subito, quando metto a fuoco la situazione. La giornata è splendida, il cielo limpido, il cammino bello da vedere, ma me lo godo poco. E una continua sofferenza mentale rimanere indietro, è frustrante vedere che il cavallo non risponde ai tuoi comandi. Dopo un paio d'ore abbondanti, con l'intermezzo di una sosta molto rapida, arriviamo nei pressi della casa di Jano, e inizia il difficile del percorso: bisogna attraversare dei cancelli di legno, vanno aperti, per non scendere da cavallo il cavallo stesso deve assecondarti, ti devi passare il cancello man mano che i cavalieri passano, e se scendi il terreno è impraticabile, pieno di fango. Una mezza tragedia. Ce la facciamo faticosamente, e arriviamo a casa. La casa è in un posto splendido, ai piedi di una collinetta, da dove, scopro, Jano e l'amico che vive lì con lui, un altro marijuanero giovane, capelli lunghi e faccia da buono, prendono l'acqua direttamente da una sorgente posta in cima, e tramite una tubazione di gomma la conducono alla casa. Il piano terra è per metà in costruzione, i piani superiori completamente in costruzione, ci sono solo lo scheletro e le scale; la costruzione va a strettirsi man mano che sale, le stanze diventano meno, fino in pratica ad un quarto piano dove c'è, o meglio, ci sarà, spazio per una sola camera. L'idea dei due è quella di aprire una sorta di clinica anti-stress, convinti che in giro ci sia pieno di gente un po' tonta che si fa sopraffare dallo stress. Secondo voi hanno torto?
Il luogo è davvero bellissimo, fuori, davanti alla veranda, alcuni mini-laghetti dove si abbeverano i cavalli, tanti alberi, verde a perdita d'occhio. Però sono già le 13, e ovviamente io inizio ad essere in paranoia. Ripartiamo dopo aver bevuto un po' d'acqua e mangiato un po' di pane non proprio freschissimo con una marmellata casareccia e buonissima. Salutiamo questo personaggio immenso, di certo non sarà facile dimenticarselo. Tremo già al pensiero di dover rifare il passaggio dei cancelli di legno solamente in due. L'idea è intanto di scambiarci il cavallo, io prendo quello un po' più piccolo ma dinamico, Juli il pigrone. Capisco da subito che sarà quasi peggio: se prima dovevo faticare e sudare le classiche sette camice per farlo camminare, adesso dovrò sudare per tenerlo a freno: appena lo sfiori col frustino, ma anche senza, questo parte al galoppo senza tanti complimenti. Il passaggio dei cancelli è tragicomico: cado nel fango un paio di volte, incazzatissimo. Se ci fosse stata una cinepresa, poteva diventare un superclassico del cinema comico, so benissimo di essere comico quando mi incazzo, e so benissimo di essere goffo normalmente. Riusciamo a passare indenni dal punto peggiore, ma il cammino di ritorno sarà un calvario. Intanto, il cielo si copre e minaccia pioggia, dopo un po' inizia a piovere, non forte, ma di quella che ti perseguita. Poi, Juli cerca in tutti i modi di spingere il cavallo pigro, lo fa chiaramente meglio di me, e quello che adesso monto io, stimolato dall'altro che ogni tanto parte al galoppo, vorrebbe partire a razzo, ma io mi accorgo di essere già mezzo rotto e di non riuscire a governarlo se va troppo forte, quindi è tutta un'ennesima lotta per tenerlo al passo, solo ogni tanto lo lascio al trotto, ma già così mi fa male tutto. Se fare i 15 chilometri dell'andata è stata una passione, immaginatevi questi di ritorno e mentre piove. Allucinante. Sono sempre più nervoso e faccio innervosire anche Juli, dandole la colpa di far imbizzarrire il "mio" cavallo spronando il "suo". Com'è come non è, riusciamo ad arrivare in paese, ci rimane la ripidissima salita fino all'hostel, il "mio" cavallo parte in tromba e perdo di vista Juli e l'altro cavallo. Quando arrivo a 100 metri dall'hostel, il cavallo si rifiuta di girare a sinistra. Dopo infruttuosi tentativi, decido di scendere. Ecco, così cammina. Poco male. Mi fermo però, fino a che non riesco di nuovo a scorgere Juli. Appena la vedo riparto, entro nel recinto, lascio il cavallo lì e vado incontro a Juli. Anche il suo ha smesso di andare, arriva a piedi tenendolo per le briglie, mette il cavallo nel recinto e mi domanda dov'è il "mio" cavallo. Non mi ero accorto che il recinto era aperto dalla parte opposta. Esco sulla strada sterrata per cercare di vederlo, dal fondo mi chiama un uomo che mi urla qualcosa, ha bloccato lui il cavallo. Lo ringrazio e riprendo il cavallo, vorrei tirargli anche qualche pedata, poi mi ricordo di essere vegetariano per rispetto degli animali. Riconduco il bastardo dentro il recinto, seguo le istruzioni di Juli, gli tolgo il morso e lo lego. Chiudo tutte e due le entrate del recinto. E' finito l'incubo, comunico a Mariana, che ci accoglie domandandoci com'è andata, che è stata una cosa che non farò mai più, parafrasando D.F. Wallace. Sono circa le 16, quindi non c'è neppure la possibilità di lavarsi con l'acqua calda, ma in qualche maniera ci dobbiamo lavare. Mi organizzo, pulisco le scarpe completamente piene di fango, mi lavo con l'acqua fredda, non fa poi così freddo fuori. Mentre mi lavo "dietro" mi accorgo di avere strane protuberanze proprio dove finisce la schiena e cominciano le chiappe. Strano. Non mi rendo ancora conto della gravità della situazione. Mi vesto e preparo la borsa. Mi accorgo che le protuberanze fanno acqua, ma forse è più giusto dire pus. Sono piaghe, escoriazioni, o come preferite chiamarle. Recupero del disinfettante, ma in quel posto lì è difficile farlo stare fermo. Sono costretto a mettere un paio di scottex dentro le mutande, per evitare di macchiarle, insieme alla maglia che indosso. Facciamo due conti con l'orario, ci conviene scendere in paese, così abbiamo il tempo di mangiare qualcosa. L'addio da Mariana e Sara è toccante, nonostante Mariana sorrida con quel suo sorriso, lo posso dire, meraviglioso.
Mentre scendiamo, Juli molto tranquillamente, ma diretta com'è nel suo stile, mi fa notare che oggi mi sono lamentato davvero troppo, e mi sono arrabbiato con lei e col mondo per una cosa che non riusciva a me. In effetti non ha tutti i torti, ma nell'immediato non mi sembra di averli nemmeno io tutti i torti. Sono quasi le 17, andiamo alla Rana Verde, che è proprio vicinissima alla fermata del bus, mangiamo come al solito molto e bene, guardiamo la tele ma non è l'orario della nostra telenovela preferita, quindi domandiamo alla padrona cos'è successo oggi; lei risponde che oggi stava dormendo, ma dopo 5 minuti ci racconta tutta la puntata di oggi per filo e per segno, si è andata ad informare. Fantastici colombiani. Ci rilassiamo. Scambiamo due parole con un tipo che mangia al tavolo accanto al nostro, un ragazzo che sembra Jano più giovane, capelli lunghi. Salutiamo tutti ed usciamo, facciamo due passi, e ci fermiamo presso il piccolo, minuscolo ufficio che fa anche da fermata. L'atmosfera si fa easy, tornano i sorrisi e gli scherzi, è tempo di bilanci. Ad un certo punto, il bus è già pronto, non crediamo ai nostri occhi: Tamara, l'israeliana con la tosse assurda conosciuta a Salento al Plantation. Baci e abbracci, inglese misto a castigliano. Le consigliamo la Casa di François, ma quando le diciamo che non c'è la tele lei ripiega su un altro hostel. Israeliani. Dobbiamo salire sull'autobus, ci salutiamo di nuovo, ¡suerte! Un'altra persona che probabilmente non vedrò mai più.
Passa il capellone che prima mangiava al tavolo accanto a noi.
-¿Viajan?
-Si, para Bogotá
-¡Suerte!
Saliamo, ci sistemiamo sulle poltroncine, il bus non è nuovissimo ma almeno è spazioso. Il problema è un altro: non riesco ad appoggiare il culo, le ferite mi fanno troppo male, dovrei stare di fianco ma è complicatissimo. Ci provo, ma ovviamente non riesco a dormire, e mi fa rabbia Juli che dorme tranquillamente. L'autista guida veloce, è notte. Poco prima di mezzanotte ci ferma la polizia per una perquisizione. Mancano ancora un paio d'ore a Bogotá e, per finire in bellezza, mi si rompe lo schienale della poltroncina. Mi ritrovo piegato a seggiola con la testa appoggiata ai corrimano davanti. Meno male che avevamo i posti accanto alla scaletta. Non so perchè, riesco a non delirare.
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3 commenti:
esilarante la parte dei cavalli.
con rispetto della tua sofferenza!
ahahahahahahahah
fnatstico ho riso alla grande
dopo i film muti
questo e' un film cieco
ho riso da matti
fantstico
grazie mille
adesso ci posso ridere anch'io
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