No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20070228

cose difficili

Casino Royale, 16/2/2007, Taneto di Gattatico (RE), Fuori Orario

Prima volta al Fuori Orario, in questo minuscolo paese a cavallo tra le province di Parma e Reggio, ed era del tempo che cercavo la scusa per andarci a vedere qualcosa. Me lo descrivevano come molto figo, ed in effetti così è, anche se a rifletterci bene, forse non è il massimo per i live act. A ridosso della linea ferroviaria, due capannoni uniti da un passaggio diventato zona fumatori, cartelli e bacheche da vecchie e nuove stazioni, e, udite udite, dentro al capannone dove c’è il palco e il bar, un vagone ferroviario old style, per intenderci di quelli tipo “diligenza”, trasformato in ristorantino. E’ seduti a uno dei “tavoli” che ci coglie l’inizio di Tutto, poco prima delle 23. Subito un estratto dal nuovo “Reale” quindi, ma seguito a ruota da una riedizione di Dainamaita, tanto per chiarire che la continuità “astratta” c’è e abita qui. Astratta perché questa band che ci deve rendere orgogliosi di essere italiani, essendo una delle migliori della sua storia musicale, ha fatto del cambiamento e dell’impossibilità di essere incasellati una filosofia.

Sul palco sono otto, il nucleo storico Alioscia alla voce, Pardo alla chitarra, Patrick tastiere e voce, più batterista, percussionista, bassista (strepitoso), tastierista, campionatore. La prima parte del concerto, che per tutta la sua durata alternerà brani da “Sempre più vicini” e “CRX” a quelli da “Reale”, risulta buono ma denota un certo panico da debutto, il che potrebbe far sorridere ma, credetemi, è del tutto comprensibile. Sono passati quasi 10 anni di semi-paralisi, e nei gesti, nelle parole, nei movimenti soprattutto di Alioscia, si riesce a percepire contemporaneamente la carica del debuttante e la padronanza dell’esperto; i “cinque” dopo quasi ogni brano fanno sembrare il concerto una partita di volley, e ti danno l’esatta percezione della voglia dei Casino di tornare e di spaccare.

In ordine sparso si intrecciano Sempre più vicino, CRX, Milano Double Standard, Plastico mistico, Là dov’è la fine, Suona ancora, Cose difficili, Anno zero, The Future e molte altre ancora. Una breve pausa dopo un’ora abbondante, un rientro alla grande con un finale dove il ritmo e la coesione aumentano, e dove finalmente i Massive Attack incontrano il fantasma di James Brown, i pezzi si riempiono ed acquistano uno spessore tangibile; alla fine, quasi due ore di Casino Royale, e il miracolo si compie. L’assenza di Giuliano Palma non si sente quasi, Patrick si occupa di molte parti melodiche ma lo stesso Alioscia, visibilmente toccato dagli osanna del pubblico, intorno alle 500 unità, se la cava egregiamente (cosa che mi lasciava qualche dubbio), cantando in maniera disinvolta interi pezzi che, in origine, spettavano a “The King”.

Sono tornati, e sono qui per rimanere. Ho sempre avuto la sensazione che i Casino fossero 10 anni avanti, e adesso che 10 anni sono passati, la leggenda si fa realtà contemporanea. Erano e rimangono avanti.

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