Salvador - 26 anni contro - di Manuel Huerga 2007
Giudizio sintetico: si può vedere
Per una volta, cominciamo dalla fine: Salvador Puig Antich muore il 2 marzo 1974 nel carcere di Barcellona, condannato a morte dal regime franchista, per mezzo della garrota. Per tutti quelli che non conoscessero questo sofisticato metodo d'uccisione, questo film sarà prima di tutto didattico.
Questo debutto nei lungometraggi dei regista spagnolo Huerga, ci racconta gli ultimi anni della vita del giovane Salvador. Da sempre antagonista politico del regime spagnolo di quegli anni tormentati, figlio di una famiglia umile ma dignitosa, terzo di 6 fratelli (ma soprattutto sorelle), fonda con alcuni amici, verso la fine degli anni '60, il MIL, Movimiento Ibérico de Liberación. Supportati dagli anarchici francesi, mette in atto col suo gruppo una serie di rapine in diverse banche allo scopo di autofinanziarsi e di sostenere la lotta operaia. Nella seconda metà del 1973, il gruppo è ormai allo sbando, anche gli operai ormai rifiutano il loro appoggio; l'ultima rapina a un'agenzia de La Caixa scatena una forte offensiva di polizia, che porterà all'arresto di Salvador e di altri del gruppo. Durante l'arresto di Salvador, muore il poliziotto Francisco Anguas Barragán, fatto che aggraverà ulteriormente la sua posizione. L'avvocato Oriol Arau, insieme ad un forte movimento contro la condanna a morte di Salvador, tenteranno fino all'ultimo di evitargli almeno la pena di morte, che si rivelerà l'ultima eseguita in Spagna (il regime franchista crollerà di lì a poco), arrivando a chiedere l'intercessione di politici stranieri e perfino del Papa. La famiglia rimarrà sempre al fianco di Salvador, perfino il padre, anche se solo moralmente, e anche se distrutto dal dolore (anche lui, ai suoi tempi militante di Acció Catalana durante la Seconda Repubblica Spagnola, esiliato in Francia, condannato a morte al rientro in Spagna e graziato all'ultimo momento, questo il film non lo dice, ma il dramma si intuisce molto bene), come pure una grandissima parte dell'opinione pubblica, che seguì i funerali e si ripresentò per giorni davanti al cimitero dove Salvador fu seppellito, portando a scontri con le forze dell’ordine. L’assurdità di questa storia, fu che la condanna a morte apparve scontata al momento in cui l’E.T.A., con un attentato, uccise Carrero Blanco, il delfino di Franco.
Il film si può dividere in due parti piuttosto distinte. Una prima parte che di primo acchito ho definito molto yeh yeh, dove la storia del M.I.L., le rapine in successione, la vita di Salvador, sono raccontate in maniera spensierata, senza approfondire troppo le ragioni politiche e puntando molto sul modo buffo e, appunto, spensierato, di affrontare un atto comunque contro la legge. Anche la contrapposizione alla dittatura rimane molto sullo sfondo, il rapporto con la famiglia è appena accennato, e per guarnire il tutto ci sono anche un paio di storie semi-sentimentali che non arricchiscono in alcun modo la storia. I personaggi rimangono poco definiti, e in definitiva solo la fotografia si salva, riuscendo a contestualizzare storicamente l’azione in maniera brillante. L’uso dei flashback è obbligato, visto che si è partiti dall’arresto. Nessuno scossone di rilievo, in definitiva.
La seconda parte (la prigionia di Salvador) risulta invece molto più articolata, i personaggi acquistano profondità, i rapporti con la famiglia diventano fondamentali, gli ultimi minuti sono realmente angoscianti e coinvolgono lo spettatore, seppur consci che la fine è segnata. Sono questi ultimi minuti che rendono il film degno di essere visto, decisamente.
Permangono alcuni difetti, su tutti il repentino cambio di direzione del rapporto tra Salvador e il secondino Jesus (la faccia davvero interessante di Leonardo Sbaraglia, attore argentino molto attivo in Spagna, che in questi panni ricorda molto F.Murray Abrahm). In definitiva, una storia molto interessante, sviluppata dal regista con diverse lacune e pochi approfondimenti, ma che nell’ultima parte dimostra di saperci fare quando il registro si fa drammatico.
A voi la scelta.
Il film si può dividere in due parti piuttosto distinte. Una prima parte che di primo acchito ho definito molto yeh yeh, dove la storia del M.I.L., le rapine in successione, la vita di Salvador, sono raccontate in maniera spensierata, senza approfondire troppo le ragioni politiche e puntando molto sul modo buffo e, appunto, spensierato, di affrontare un atto comunque contro la legge. Anche la contrapposizione alla dittatura rimane molto sullo sfondo, il rapporto con la famiglia è appena accennato, e per guarnire il tutto ci sono anche un paio di storie semi-sentimentali che non arricchiscono in alcun modo la storia. I personaggi rimangono poco definiti, e in definitiva solo la fotografia si salva, riuscendo a contestualizzare storicamente l’azione in maniera brillante. L’uso dei flashback è obbligato, visto che si è partiti dall’arresto. Nessuno scossone di rilievo, in definitiva.
La seconda parte (la prigionia di Salvador) risulta invece molto più articolata, i personaggi acquistano profondità, i rapporti con la famiglia diventano fondamentali, gli ultimi minuti sono realmente angoscianti e coinvolgono lo spettatore, seppur consci che la fine è segnata. Sono questi ultimi minuti che rendono il film degno di essere visto, decisamente.
Permangono alcuni difetti, su tutti il repentino cambio di direzione del rapporto tra Salvador e il secondino Jesus (la faccia davvero interessante di Leonardo Sbaraglia, attore argentino molto attivo in Spagna, che in questi panni ricorda molto F.Murray Abrahm). In definitiva, una storia molto interessante, sviluppata dal regista con diverse lacune e pochi approfondimenti, ma che nell’ultima parte dimostra di saperci fare quando il registro si fa drammatico.
A voi la scelta.
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